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Intervista ad Alberto Garlini
David Frati, Lettera.com, 12.08.2005
www.lettera.com
Lettera.com ha incontrato uno degli scrittori-rivelazione dell‘anno, che ci ha raccontato i retroscena del suo Fùtbol Bailado
Autore di un libro fra i più interessanti del 2004, Alberto Garlini non è certo uno di quegli scrittori che fanno del presenzialismo una ragione di vita. Meglio passare qualche ora in più sul computer a elaborare trame complesse e sfaccettate che farsi vedere in questo o quel salotto letterario. In procinto di partire per le ferie, Garlini però non si nega alla curiosità dei lettori di Lettera.com e ci concede una interessante intervista.

La rilettura degli ultimi trent’anni di storia italiana attraverso le vicende di un estremista nero, di un poeta-regista di fama mondiale, di un fuoriclasse del calcio e di un adolescente problematico è un progetto ambizioso e complesso. Come e quando è germogliato in te il seme di una impresa tanto difficile?

Mi è nato a diverse ondate. Il primo nucleo narrativo riguardava solo la storia di un bambino che decide di fuggire di casa per vedere la finale del mondiale di calcio dell’82, accompagnato dal suo allenatore delle giovanili che era stato un grande campione del passato. Poi, mentre cercavo e studiavo cose sul mondo del calcio, ho letto per caso della partita giocata fra la troupe di Novecento e quella di Salò alla cittadella di Parma nel 1975, partita dai tratti leggendari, e la storia intera del romanzo è precipitata nella mia immaginazione: il respiro si è ampliato, la storia italiana è diventata una protagonista fra gli altri protagonisti, la figura di Pasolini ha chiesto uno spazio sempre più grande, ecc ecc. Il tema della grazia si è intersecato al tema del sacrificio e alla elaborazione di un lutto epocale.

La tua tesi sull’omicidio Pasolini è più una ipotesi investigativa, una provocazione o una metafora poetica?

Una metafora poetica, solo quello. In sede biografica non sosterrei le tesi che ho sostenuto nel romanzo. Però era troppo bello immaginare un poeta che decide di morire come soggetto sacrificale, negli anni settanta. E soprattutto quel poeta. Per cui non potevo lasciarmi scappare una simile potenzialità narrativa.

Cosa ha rappresentato lo scandalo del calcioscommesse anni ‘80 per un amante del calcio, uno della nostra generazione? E non ti pare che sia stato dimenticato e archiviato un po’ troppo in fretta?

Per me all’epoca i calciatori di serie A erano miti, e per mito intendo qualcosa di preciso, non la solita parola vuota che si attacca a tutto. I miti sono quelli greci, degli esempi sintetici di virtù e potenzialità umane in senso alto. Per me il calcioscommesse è stato come vedere cadere l’Olimpo. Come perdere senso come persona. Ha creato quella sensazione di disincanto che è la cifra dell’oggi: un disincanto che è per il mondo del calcio come per la politica. Gli anni settanta per me sono stati proprio questo: la nascita del disincanto, la perdita delle idealità in un mare di sangue, di bombe, di scandali, di oscurità.

Per la figura di Francesco Ferrari ti sei ispirato ad un calciatore in particolare?

No, a molti. Infatti in una pagina del libro è proprio Francesco a dire che spesso lo confondono con altri calciatori, perché a volte gioca in un modo a volte in un altro. Dal punto di vista dello stile però il mio modello è stato Mariolino Corso, il grande giocatore dell’Inter degli anni sessanta. La sua lentezza, la sua figura anonima, la magia dei dribbling al rallentatore.

La figura di Alberto è davvero tanto autobiografica quanto sembra?

Un pò sí, ma non troppo. Il romanzo parte da due universi paralleli che non ho abitato. Come l’Alberto del romanzo anche io volevo scappare di casa per vedere la finale del mondiale ma non lo ho fatto, e allo stesso modo, non ho visto la partita in cittadella fra le due troupe, pur abitando, all’epoca, molto vicino. Due possibilità mancate, due risarcimenti postumi sulle pagine di un romanzo.

A cosa stai lavorando in questo momento?

Ho finito un romanzo breve. Una storia molto claustrofobica, violenta. Non ci ho dormito tanto ero coinvolto.

Che tipo di lettore è Alberto Garlini? Quali sono i tuoi libri-feticcio e quali gli ultimi che hai letto con piacere?

Sono un lettore onnivoro e ossessivo. leggo moltissimo, circa un libro al giorno. Non ho libri feticcio, mi è piaciuto molto Underworld di DeLillo, e il Red riding quartet di David Peace, ma anche tantissime altre cose. dai saggi di Zizek ai gialloni di Jeffery Deaver.
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