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Il vuoto è un'origine
Camilla Valletti, Indice dei libri del mese, 01.03.2003
Un romanzo scritto da un traduttore, da uno che nel mondo degli editori si muove ormai da tempo e con disinvoltura, ma che è in grado di prendere le distanze e di scrivere ponendosi al di fuori di certe scie mondano-letterarie.
È la storia di formazione del bambino Oreste che si consuma in un'estate molisana a casa della nonna mentre la madre, sospirata, sparisce per qualche tempo. La madre Rosaria, emigrata in America, è costretta a tornare al paese dal fallimento del matrimonio. Oreste non capisce precisamente che cosa stia avvenendo ma accoglie le novità, tutto proteso ad accontentare Rosaria che invece alterna il risentimento alla nostalgia. La fuga, di nuovo, misteriosa della madre costringe il bambino a fare i conti con una parte di sé, della sua famiglia, oscura e violenta. Nonna e zia paiono aggrappate alla vita come animali, e la cugina, nel pieno di un'adolescenza costruita sui fotoromanzi, è il centro propulsore dei desideri contrastanti di Oreste. Oreste condivide con questi diversi profili di donne la fragilità e la fatica di sopravvivere in perenne tensione con il sesso opposto. Da questo rimescolamento e da un bisogno profondo di vera dolcezza, manifesto nella cura dei cuccioli appena nati o nella passione per la fiaba di Biancaneve, maturerà la sua appartenenza omosessuale. “Il vuoto è un’origine” sostiene la voce narrante nel corsivo che apre il romanzo, "I want to sing L'importante è finire" conclude in quello che lo chiude. A Ponte Nero, il paese delle origini, Oreste ha trovato nient'altro che un vuoto assoluto, ma ha imparato, dalla voce di Mina, rievocata dagli scimmiottamenti della cugina Meri, il senso dell'attesa e del godimento sessuale.
Il contesto è quello della fine degli anni settanta, quando ancora l’Italia era “una distesa di pochi colori, chiusa dall'orizzonte e schiacciata dal cielo”, una periferia del mondo dove si leggeva "Lancio Story" e le infinite varianti delle storie d’amore recitate dagli attori dei fotoromanzi. Nicola Gardini, con delicatezza, racconta la storia di un'iniziazione che approda a un destino di solitudine. Vengono in mente, per ambientazione e per il modo di descrivere le relazioni, i primi racconti di Dacia Maraini. Dove ci sono bambini e quasi adolescenti che, lasciati liberi dal controllo dei genitori, attraversano incuranti la linea che li separa dalla maturità. Con un’immutata voglia di giocare mescolata all’incertezza di non sapere ancora se essere maschio o femmina.
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