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Vi spiego perché siamo attratti dal cibo
John Prescott e Michele Bocci, Repubbblica, 21.11.2013

L'autore di "Questione di gusto" racconta cosa scatta quando ci troviamo davanti a un piatto.
Il dolce, il salato, l'amaro e l'istinto di sopravvivenza
È come sentire una canzone alla radio, all'inizio non la apprezziamo ma dopo tre, quattro ascolti
troviamo aspetti e sfumature che ci piaccion.

Come mai un piatto ci piace e un altro no? Cosa determina i nostri gusti alimentari? L'uomo, come gli altri mammiferi, quando nasce ha una predilezione per le cose dolci. Questo si spiega con il fatto che lo zucchero ci dà carboidrati e calorie, cioè ci fa vivere. E quindi una questione di sopravvivenza. Stessa cosa vale per le cose salate. Senza sale moriremmo e il nostro organismo ci spinge a mangiarlo. L'amaro invece ai bambini non piace e il motivo risiede in una forma innata di protezione: quel gusto infatti ci mette in guardia, perché è proprio di molti alimenti velenosi. Poi c'è l'umami, un altro sapore che ci attira dalla nascita. Provate a dare una zuppa di verdura a un bambino molto piccolo. Probabilmente non la mangerà. Aggiungeteci del glutammato, un additivo che ha proprio quel sapore, e vedrete che la finirà contento. Siccome l'umami è legato spesso alla carne, l'attrazione che esercita è dovuta alla necessità del corpo di approvvigionarsi di proteine. I principi che ho appena spiegato valgono in tutto il mondo, sono identici in Asia come in Sud America, perché hanno una base biologica. Noi abitanti della terra partiamo tutti nello stesso modo.

Ma il gusto poi viene modificato da vari fattori e si differenzia in mille rivoli. Bisogna considerare l'influenza dell'ambiente esterno, che inizia prestissimo, quando si è ancora nel grembo della madre. Se si prova un cibo più volte, alla fine ci piace. Succede un po' come con una canzone trasmessa alla radio. Magari all'inizio non la apprezziamo ma dopo alcuni ascolti iniziamo a cogliere vari aspetti e sfumature che ci piacciono. E se nostra madre quando era incinta mangiava spesso una certa pietanza, questa ci piacerà anche da grandi. Ovviamente influisce anche la società, è diverso nascere in Giappone o ín Messico, perché ci sono costumi alimentari diversi. Hanno un ruolo fondamentale i genitori. Quanti bambini piccoli vediamo al ristorante che cercano di mangiare quello che è stato ordinato dal padre o la madre? Questa regola ha un'eccezione interessante. Quasi tutti attraversano tra i 2 e i 5 anni una fase che viene definita "food neophobia", cioè la paura di mangiare qualcosa di sconosciuto. Si ritiene che sia legata alla crescita e anche in questo caso scatta un innato meccanismo di protezione. Intorno ai 2 anni i bambini iniziano a camminare, quindi possono spostarsi e avere a disposizione cose da mangiare, anche pericolose. Per questo sono istintivamente diffidenti. Certo, ci sono anche persone che non superano mai questa fase, e mangiano più o meno le stesse cose per tutta la vita.

L'organismo determina i nostri gusti ma non riesce a evitare che si ingrassi. Nel mondo ci sono sempre più persone obese. Il punto è che biologicamente consumare tanto non è un problema, anzi serve ad accumulare energie. Fate questa prova. Se due ore dopo un pranzo ricco vi trovate a passare di fronte a una bella pizzeria al taglio, anche se non avete fame, il vostro corpo vi manderà comunque un segnale di appetito. Con le pubblicità martellanti e gli stimoli che arrivano dalla televisione abbiamo praticamente sempre sotto gli occhi del cibo...

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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

L'universo accidentale
di Alan Lightman
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"L'idea fondamentale. Intervista a Fabio Toscano" di Carlo Silini, Corriere Ticino
"Il cervello geniale che valeva per due" di Giulia Villoresi, Il Venerdì di Repubblica
"Come funzionava la testa di Leonardo" di Giovanni Caprara, Sette, Corriere della sera

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