La paura ci piace. Sembra paradossale ma molti di noi non solo si sentono bene in situazioni pericolose, ma le ricercano, persino in maniera morbosa. Perché ci piace il pericolo è il titolo del libro che Roberto Inchingolo, laureato in Scienze naturali e specializzato in Comunicazione della Scienza alla Sissa di Trieste, ha dedicato a uno dei grandi enigmi dell'essere umano e di cui parlerà il 20 gennaio alla manifestazione "Arte e Scienza in Piazza" che si svolge a Bologna dal 19 gennaio al 10 febbraio (www.artescienzainpiazza.it). «C'è un elemento che accomuna la reazione di fronte a un rischio, sia fisico, come gli sport estremi, sia virtuale, come l gioco d'azzardo: il corpo umano ha un rilascio di neurotrasmettitori collegati a situazioni di piacere, primo fra tutti la dopamina, che contribuisce a creare anche una sorta di dipendenza», spiega a Sette. Piacere e dipendenza, quindi, marciano di pari passo. E predispongono l'uomo a cercare nuovamente quella sensazione. «La tesi condivisa da biologi ed evoluzionisti è che questo meccanismo si sia originato per motivi sessuali-riproduttivi. È un po` come la coda "darwiniana" che il pavone apre per dimostrare di essere in buona salute. Allo stesso modo, l'essere umano ricerca situazioni pericolose per dimostrare a un potenziale partner di poterselo permettere». E questo vale anche per la donna, il cui organismo sarebbe ugualmente predisposto a provare piacere in situazioni di pericolo. L'adrenalina è spesso citata a sproposito quando si parla di piacere collegato alla paura, conclude Inchingolo: «Rilasciata nei momenti di pericolo o di paura, scatena la reazione di attacco-fuga. Tuttavia non ci sono elementi che fanno pensare che la cosiddetta "scarica di adrenalina" sia di per sé fonte di piacere. È la scarica di dopamina che dà piacere. L'adrenalina, semmai, contribuisce a rendere memorabile un'esperienza». |