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Il futuro è nelle protesi
Maurizio Ferraris, Il Sole 24 Ore, 03.01.2010
Né apocalittici né integrati, ma piuttosto distribuendosi la parte della coscienza riflessiva (Moriggi) e del visionario (Nicoletti), gli autori svolgono una tesi di fondo: non è vero che l'esplosione tecnologica snatura il nostro essere umani, piuttosto lo trasforma con una forza senza precedenti, e al tempo stesso ne realizza una essenza nascosta, ossia, come recita il titolo, ci rende umani. Perché, in effetti, che uomini saremmo se non possedessimo la tecnica?
Come in quel gioco televisivo che consiste nel trovare la parola nascosta che unisce una serie di altre parole apparentemente disparate, in questo scambio di lunghe email tra Stefano Moriggi e Gianluca Nicoletti la parola segreta sarebbe «protesi», unisce delle riflessioni che vanno dall'uso del silicone per conservare la bellezza alle scoperte biomediche che promettono di vivere centovent'anni e più, dal ritorno della mummificazione come tentativo di eternizzare il corpo all'onnipresenza, in una cultura che si concepisce come largamente secolarizzata, delle reliquie, per arrivare al web e alla convivenza con i computer e i telefonini. Né apocalittici né integrati, ma piuttosto distribuendosi la parte della coscienza riflessiva (Moriggi) e del visionario (Nicoletti), gli autori svolgono una tesi di fondo: non è vero che l'esplosione tecnologica snatura il nostro essere umani, piuttosto lo trasforma con una forza senza precedenti, e al tempo stesso ne realizza una essenza nascosta, ossia, come recita il titolo, ci rende umani. Perché, in effetti, che uomini saremmo se non possedessimo la tecnica? 
Nei giorni scorsi si è letto che una delle possibili vie dell'evoluzione della nostra specie sarà l'inserimento di chip nel cervello. Guardando le illustrazioni che accompagnavano la notizia sui giornali, si vedeva la processione classica dalla scimmia all'uomo, dove il momento dell'ominizzazione si riconosceva perché il nostro remoto antenato era meno peloso e più eretto, ma soprattutto perché aveva in mano un bastone. Era la prima delle infinite protesi che scandiscono la nostra storia e che modificano il nostro destino naturale in ogni suo aspetto, compresi gli occhiali da presbite grazie ai quali ho potuto leggere il libro di Nicoletti e Moriggi e i computer che hanno permesso a loro di scriverlo. Dalla clava al computer passando per il fuoco di Prometeo e gli occhiali del recensore la tecnica è la funzione umanizzante per eccellenza. Lo è sempre stata, ma è tanto più oggi, per due motivi che costituiscono l'ossatura del libro e che hanno a che fare con quella forma eminente di tecnica che è la scrittura. Il primo è la nascita di nuove forme di vita sociale attraverso il web, concepito originariamente come un veicolo per comunicazioni scientifiche e che si è rivelato un teatro delle passioni e una nuova agorà per l'animale politico. Il secondo è l'intervento della tecnologia nella carne, dove la tecnica diviene capace di trasformare il corpo modificandone l'apparenza, e prolungandone la durata attraverso quelle che il sottotitolo definisce come «riscritture sintetiche e digitali». Qui davvero la protesi cambia la vita, non solo nel senso che offre possibilità prima impensate, ma soprattutto perché ne modifica il rapporto con la morte. Non tanto allontanandola per sempre quanto piuttosto, e paradossalmente, anticipandone la presenza. La società della registrazione e della conservazione, della scrittura e della riscrittura, è anzitutto una società capace di moltiplicare le reliquie, e oggi ci troviamo costantemente impegnati - in forma spesso automatica e involontaria, appunto grazie alle nostre protesi archivistiche - a lasciare tracce a futura memoria, come i kamikaze che prima di buttarsi su una portaerei americana raccoglievano in una cassetta i loro capelli e le loro unghie, in effetti tutto quello che sarebbe rimasto di loro di lì a poco, dopo lo schianto. Un niente, a ben pensarci, rispetto a ciò che accade oggi, quando si è registrati (e, per così dire, "reliquiati") ancor prima di venire al mondo, con un cd dell'ecografia del nascituro che viene consegnato ai genitori sbigottiti.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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