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Landau, genio contro Stalin
Luciano Maiani, Il Sole 24 ore, 20.01.2008
Pagò col carcere la propria indipendenza. Lo salvarono le ricerche sull'elio superfluido che gli valsero il Nobel. Leggendaria la sua autostima: «Resto solo io», disse quando morì Fermi.

Quando un mio giovane collaboratore ha visto la foto sulla copertina del libro che mi era stato mandato per la recensione, ha spalancato gli occhi e ha esclamato: «Landau! Il grande Landau!».

Lui non era forse ancora nato quando il geniale fisico sovietico moriva, nel 1968 in seguito ai postumi di un gravissimo incidente stradale. Ma la sua esclamazione testimonia la fama di questo genio dal carattere impossibile, vincitore di un premio Nobel e vittima delle purghe del regime staliniano, grande amico di Bohr di cui si considerava allievo, paragonato a Fermi come contributi alla fisica mondiale (anche Landau amava questo paragone: quando lo scienziato italiano morì, commentò: «Ora sono rimasto solo»).

Su questa figura straordinaria ma mediaticamente poco nota, Sironi Editore manda in questi giorni in libreria una bella biografia scritta da Fabio Toscano, Il fisico che visse due volte. Non è un anno a caso questo in cui esce il libro. 100 anni fa, infatti, il 22 gennaio 1908, Landau nasceva a Baku, in Azerbaigian. Quest'anno a giugno si terrà a Mosca un grande convegno celebrativo che vedrà la partecipazione di fisici da tutto il mondo. L'invito a parlare al convegno ha emozionato me almeno quanto il mio giovane collaboratore.

Landau era un personaggio affascinante e il libro di Fabio Toscano restituisce fin dalle prime pagine le tinte forti della sua vita. Non colori pastello, ma piuttosto quelli del vulcano e del carbone. Grande teorico, capace di passare da un settore all'altro della fisica contemporanea, era però anche un uomo bizzarro (a cominciare dal modo di vestire) con un carattere corrosivo, una grande stima di sé e una difesa cocciuta della propria indipendenza di pensiero: insomma, un modello per quell'archetipo dello scienziato moderno che ha dominato il '900.

Ovviamente Landau era anche figlio del suo ambiente: aveva vissuto la rivoluzione economica leninista dei primi anni '20, quando la conoscenza scientifica e la tecnologia diventano centrali nelle strategie del neonato Stato sovietico. Gli scienziati diventano personaggi di grande prestigio e i fisici in particolare. Per loro, poi, si è appena aperto l'orizzonte della meccanica quantistica: un Nuovo Mondo da esplorare per una generazione di giovani portati alla ribalta dalla rivoluzione relativistica di Einstein. La quantistica apre un enorme ventaglio di problemi da risolvere, di compatibilità da capire, di esperimenti che non tornano. Un campo di battaglia intellettuale esaltante.

A Leningrado, Landau e due suoi amici, Ivanenko e Gamov (che poi fuggirà negli Stati Uniti, vincerà il Nobel e diventerà il principale teorico del Big Bang), formeranno un terzetto di fisici di punta chiamato «I tre moschettieri», sempre oscillanti tra grande intuito scientifico e goliardia. Daranno un enorme contributo alla soluzione dei problemi aperti dalla rivoluzione quantistica.

Lungo i difficili anni del regime staliniano il terzetto si scioglierà. Landau avrà la sua bellissima esperienza europea, lavorando gomito a gomito con i grandi maestri dell'epoca, ma poi verrà rinchiuso dentro i confini dell'Urss dalla paranoia nazionalistica di Stalin. Questo gli peserà molto, ovviamente, ma non gli impedirà di creare, in Ucraina, una scuola di altissimo livello dove, per entrare, gli studenti debbono superare un durissimo esame condotto personalmente da Landau. E pochi lo supereranno. Ma quei pochi brilleranno poi nei decenni successivi come personaggi di prima grandezza della scienza sovietica (e poi russa) e mondiale.

Lev Landau svilupperà in quegli stessi anni una profonda avversione per la degenerazione del regime (che bollerà in privato più volte come «fascista»), verrà arrestato, probabilmente per aver scritto un volantino che denunciava lo stalinismo, sicuramente per aver urtato, con la sua coerenza scientifica, i filosofi dell'integralismo marxista-leninista che diffidavano della fisica quantistica (perché troppo probabilistica e per nulla disponibile per operazioni di distruzione ideologica della scienza come accadde con la pseudogenetica di Lysenko). Landau paga con oltre un anno di prigione alla sinistra Lubyanka la difesa del proprio pensiero scientifico e politico. La dissidenza spesso è rischiosa.

Si salverà grazie agli studi di Kapica sul fenomeno dell'elio superfluido: scoperte che si rivelano utili per la produzione industriale e che permettono allo stesso Kapica di chiedere la scarcerazione di Landau. Sarà poi lo stesso Landau a sviluppare ulteriormente le ricerche fino a risolvere uno dei grandi misteri che circondano il bizzarro comportamento dell'elio superfluido, meritando così il premio Nobel. 

Sarà il suo monumento, accanto all'importantissimo manuale Landau-Lifsic scritto assieme al suo amico Evgenij Lifsic. Anzi, quest'ultimo sarà il suo estensore, perché Landau è l'eccezione alla regola che vede i fisici come gelosi dei propri scritti. Lui, forse per mania della perfezione, era letteralmente incapace di scrivere articoli, figuriamoci libri.

Nonostante questa fobia, Landau si rivelerà un grande maestro. Presuntuoso, certo. Come testimonia la sua personale graduatoria, articolata in un sistema di cinque punti, con la quale classificava i fisici teorici di tutto il mondo. Anche Fermi ne aveva una e la cosa curiosa è che le due graduatorie erano quasi coincidenti.

Landau si era piazzato con relativa modestia tra i primi, ma non tra i primissimi. Dopo l'incidente, le sue facoltà mentali si sarebbero abbassate notevolmente, ma non il suo spirito caustico. Si dice che per descriversi dicesse: «Non sono più quello di un tempo, ora sono solo come un Zel'dovich». Cioè come uno dei pià grandi astrofisici russi. Ma per lui era troppo poco.

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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

L'universo accidentale
di Alan Lightman
Galápagos
"L'idea fondamentale. Intervista a Fabio Toscano" di Carlo Silini, Corriere Ticino
"Il cervello geniale che valeva per due" di Giulia Villoresi, Il Venerdě di Repubblica
"Come funzionava la testa di Leonardo" di Giovanni Caprara, Sette, Corriere della sera

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