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Viaggio all'inferno, girone Lombardia |
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| Marco Rota, Il Giorno, 08.04.2007 |
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| Un cronista padano tra sette sataniche, frati esorcisti, immigrati e voodoo |
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Diffidiamo sempre un poco quando ci capita di accostare un libro che ha ricevuto solo buone recensioni e ha raccolto intorno a sé consensi unanimi. Confessiamo, perciò, che nel cominciare la lettura de «I tre giorni all'inferno di Enrico Bonetti cronista padano» del cinquantenne Valter Binaghi, il nostro atteggiamento non era dei più disponibili ma era anzi viziato da una snobistica sufficienza. Dopo le prime pagine, però, lo scetticismo è scomparso e, recitando un mea culpa penitenziale, ci siamo iscritti pure noi nel fan club di Binaghi, milanese di Busto Garolfo, che si conferma uno degli autori italiani più interessanti.
Il nuovo romanzo, il quarto, racconta la storia di Enrico Bonetti, cronista quarantenne belloccio e puttaniere del quotidiano «Altomilanese» che, seguendo la pista del rapimento e dell'omicidio di una prostituta slava, si trova a indagare una realtà fatta di sette sataniche e circoli esclusivi, i quali, dietro una facciata rispettabile, nascondono pratiche innominabili. Il tutto condito da omicidi, traffici di organi e di persone, sperimentazioni cliniche ben oltre il lecito. Ad accompagnare il cronista nel viaggio agli inferi che si nascondono dietro una provincia lombarda operosa e perbenista, vi sono un frate esorcista mago dei computer; una figlia adolescente nata da un matrimonio naufragato miseramente; una coppia di immigrati di colore che pratica riti voodoo; e altri singolari personaggi che arricchiscono una trama complessa ma ben congegnata, che attinge a piene mani dall'attualità della cronaca nera (vedi le Bestie di Satana). Ma a rendere inquietante il romanzo è soprattutto l'ipotesi, che l'autore riesce a rendere più che mai concreta, che dietro a tali fatti vi sia un disegno criminale globale, governato da un'entità intoccabile, una Mente diabolica che mira al potere assoluto e al governo del mondo. Non pensiate però a un thriller trucido e banale: attraverso una scrittura accattivante, Binaghi (parente stretto di Ammaniti e Avoledo) il lettore lo fa anche pensare. Oltre alla pancia e al cuore, in questo libro c'è molto cervello. Difetti? Uno: 406 pagine sono troppe, ne sarebbero bastate cento di meno. Ma credeteci: è comunque un bel libro che può piacere anche a coloro che non amano i gialli.
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