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Racconti dove la parola è interdetta |
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Giovanni Choukhadarian, Stilos, supplemento a La Sicilia, 12.11.2002 |
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L’universo dei racconti di Laura Pugno è racchiuso quasi per intero tra quattro mura (perfetta la foto di Guido Guidi in copertina), è tendenzialmente privo di suoni e abitato da corpi perlopiù senza volto, o con volti irrilevanti ai fini dell'intelligenza della narrazione. Sarebbe difficile immaginare una costruzione più astratta e meno attrattiva, se non tornasse subito alla mente la tesi di Mark Johnson, per cui ogni pensiero è originato da un esperienza fisica e anzi, più propriamente, corporea (il testo di riferimento è The body in the mind: the bodily basis of meaning, imagination and reason, Chicago, Cup, 1987, 1990 – non tradotto in italiano, salvo smentite). Gli attori di queste storie secche, quasi tutte ambientate a luci basse se non addirittura al buio, nel sonno, sembrano appunto agiti dalle loro sensazioni fisiche, nel senso che pare siano i loro corpi a determinarne i comportamenti. È così per l’inquieta e inquietante Sahe di "Take away", che apre la raccolta, ma lo è altrettanto per la Luz di "La perfezione": Pugno racconta di lei che “vuole sentirsi il corpo indurito e bruciato, ma cerca un punto all’ombra”. Si spera sia legittimo sentirsi spiazzati da un'espressione così diretta, che supera il male di vivere con un moto di rivolta silenzioso e in quanto tale, per antifrasi, tanto fragoroso. Perchè poi, nei racconti di Laura Pugno, nessuno parla. Ci si muove, si lavora, si fanno cose, oppure si dorme e si sogna: ma la parola e il dialogo (verrebbe da dire la comunicazione, ma qui Michelangelo Antonioni non c'entra niente) non ci sono e anzi sembrano interdetti. Si tratta, con ogni evidenza, di una scelta stilistica meditata, non priva di un certo coraggio sfrontato – forse una contrainte, alla quale però fa difetto qualsiasi velatura ironica. D’altra parte, è proprio la frontalità della sintassi a consentire il rapporto diretto con i personaggi, che risulterebbero diversamente quasi inaccessibili. In questa direzione, i racconti più duri sono "Oasi", di ambientazione gelidamente esotica, e "Cera.", resoconto agghiacciante di un rave party in cui la musica quasi non si sente. E' qui che la stilizzazione degli attori raggiunge il suo vertice di sgradevolezza, per sciogliersi tuttavia in due finali di sorprendente, irreale candore: nel quale, come altrove, non è sgradevole un senso di misurata teatralità.
Laura Pugno ha scritto un libro intransigente, di quelli che meritano una valutazione netta, senza giri di parole. Allora è opportuno dire che in Sleepwalking non c’è gran che da divertirsi, allo stesso modo che, si converrà, non c'e molto da divertirsi ad avere più o meno trent’anni e vivere in Italia. Se è così, Sleepwalking risponde ai criteri enunciati da Giulio Mozzi, suo editore, nel manifesto della collana che lo ospita, "indicativo presente": “ci interessano storie di passioni, non ci interessano le storie di sentimenti [molto vero: Laura Pugno disegna umanità dotate di grandi capacità passionali, ma abbastanza sprovviste di sentimenti. la materia narrativa è tutta fiction, con deciso rigetto di ogni anche lontano abbandono al romance]. Vogliamo fare una collana di libri che facciano esperimenti di forma e di lingua. Non vogliamo fare libri iperletterari. Non vogliamo nemmeno fare libri ingenui. Non vogliamo fare libri incomprensibili. Non vogliamo nemmeno fare libri melensamente facili". Arrivata all’ottavo volume (che è Una timida santità, di Nicola GarIini), "Indicativo presente" è tra le collane di narrativa italiana più riconoscibili d'Italia. Se ne possono. condividere più o meno gli indirizzi, si possono apprezzare o no gli esiti. E' pero molto difficile negare che i suoi libri siano rappresentativi se non di una generazione intera, almeno di un certo modo di guardare al mondo, di metterlo in scena e di raccontarlo. Si potrà dire che da tempo nessuno si era cimentato in un'impresa del genere? Se ne potrà attribuire il merito all' editore Sironi e a Giulio Mozzi, senza con ciò violare i principi della prassi e dell' etica recensoria? Sia quel che sia, i libri di "indicativo presente" hanno da essere letti, e questo di Laura Pugno ne è un esempio tra i più apprezzabili. |
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