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Bregola: tutto è precario, anche la verità
Giuseppe Pederiali, Italia Oggi, 07.07.2006
Si direbbe che una buona percentuale dei romanzi dei giovani scrittori italiani, specialmente quelli esordienti, sia dedicata alla difficoltà di sbarcare il lunario o comunque di sopravvivere al precariato.
Non si tratta della bella, decisa, sana miseria del dopoguerra: i giovani poveri e disoccupati di oggi pane e companatico lo trovano, così pure un letto, e viaggiano in automobile, seppure di seconda mano, e qualche decina di euro in tasca ce l’hanno sempre. Ma sono doppiamente scontenti rispetto a disoccupati o maleoccupati delle generazioni precedenti: ai giovani di oggi mancano le ideologie forti e la modestia dei loro padri. Naturalmente i posti di lavoro mancano davvero, ma troppo spesso gli obiettivi sono troppo alti. Colpa della scolarizzazione. Ma loro non ne hanno colpa: con una laurea in scienza dello spettacolo, sociologia, psicologia o filosofia perché adattarsi a raccogliere pomodori? E poi oggi, con l’aria che tira, sono precari perfino i pensionati.
Tra le opere che raccontano della condizione dei giovani precari, almeno un paio di buoni romanzi sono emersi.
Quello di Giuseppe Culicchia, per esempio. E quello di Davide Bregola, da pochi giorni in libreria: La cultura enciclopedica dell’autodidatta ( Sironi, 236 pagine, 14,50 euro)
Precariato a parte, Davide Bregola è di sicuro l’autore più interessante della generazione dei trentenni o giù di lì. E’ in circolazione già da alcuni anni, si è fatto conoscere vincendo il Premio Tondelli nel 1999 e soprattutto con un bel libro uscito nel 2003, Racconti felici. Probabilmente la sua lunghezza più congeniale è proprio quella del racconto, e anche La cultura enciclopedica dell’autodidatta è un insieme di storie legate dal robusto filo dell’autobiografismo e alternate a siparietti, appunti, note, citazioni da giornali, documenti, libri altrui.
L’uso dell’io e i mirati riferimenti a luoghi, persone ed esperienze vicine a Bregola, accentuano la sensazione che l’avventura umana e la ricerca intellettuale del protagonista si riferiscano allo stesso autore, anche se il personaggio si chiama Giovanni Costa e nell’identikit ci sono alcuni segni che un poco lo truccano.
Giovanni vive in un paese padano, padre pensionato, madre casalinga, fratello camionista. Ha studiato con profitto fino all’università, ma poi ha rinunciato (faceva legge) per dedicarsi al lavoro di scrittore (prende appunti per il suo Grande romanzo sulla verità). Per mantenersi deve per forza accettare lavori precari: venditore di libri porta a porta, commesso di libreria… Ha anche una ragazza, Maura, intelligente, equilibrata, precaria. Il loro è un quasi-matrimonio, crisi incluse. Non mancano gli amici, ma tutti distratti da piccoli e grandi problemi. Il problema di Giovanni, il suo compito, la sua missione, è comune a molti personaggi della letteratura: interrogarsi sulla verità. Compito che diventa, progressivamente, una prova scritta sul brogliaccio destinato a trasformarsi in un libro stampato, questo stesso libro.
Davide Bregola e Giovanni Costa, nonostante l’età ancora giovane, o forse proprio per questo, sono informatissimi su tutto quello che succede nel mondo dell’editoria. E naturalmente emerge il vizio che accomuna gli scrittori di tutte le generazioni: il confronto costante, l’attenzione alle gazzette (lui è citato, io no!), i presunti amici e i sicuri nemici che operano attorno, l’individuazione dei centri di potere editoriale e letterario. Ecco a pagina 221 l’elenco (dal libro di Sibilla Ditacco) di chi comanderà in Italia nei prossimi 50 anni (per la narativa si tratta di Deborah Gambetta, Chiara Gamberale, Antonio Scurati, Nicolò Ammaniti, Sebastiano Mondadori, “tutta gente che sta già lavorando più o meno dietro le quinte per prendere in mano la situazione appena si libereranno i posti”) Ed ecco a pagina 129 la citazione di un articolo di Mirella Serra, con la giornalista che domanda a nove critici letterari i nomi di autori italiani che meglio lasciano sperare per il futuro della narrativa. E Giovanni conclude: “…Attilio mi fa notare che su 27 nomi e nove critici, io non sono nemmeno citato di striscio…”.
Queste sono cose da addetti ai lavori, quasi un discorso privato tra l’autore e i colleghi scrittori, con qualche messaggio per i critici. Le cose belle del libro sono invece i racconti veri, dove emerge il Davide Bregola dei Racconti felici : il viaggio di Giovanni e Maura a Parigi, la ricerca del cane Tommi sparito nel nulla, il rapporto “economico” tra padre e figlio, l’amorosa dialettica con Maura.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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