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Rai tre: intervista a Silvio Bernelli
Nivia Cepak, Rai Tre Nord Est, 05.10.2005
(N.C.) Benvenuti al nostro supplemento di attualità letteraria. Oggi vi propongo il secondo romanzo di Silvio Bernelli, quarantenne, torinese, musicista, copywriter e giornalista. E di fatti, oggi usciamo fuori dal nostro Nord Est e planiamo a Torino, perchè qui abbiamo un romanzo che parla proprio di noi, della nostra radio, e ce lo propone l’editore Sironi, nella ormai mitica collana Indicativo Presente, si intitola “Puro Veleno”. In copertina c’è uno studio radiofonico, con un microfono in primo piano, come a dire che il veleno si sparge proprio da lì, dalla voce che sta per uscire in diretta da quei microfoni e, anche se non siamo in televisione, noterete un monitor in alto, sulla destra. A cosa servirà? Be’, lo scopriremo tra un po’ insieme allo stesso scrittore, Silvio Bernelli, che ha la capacità rara di parlarci del mondo dei mass media senza il tono da sputasentenze catastrofico con cui se ne parla di solito, forse perché nei media ci lavora. Ora, “Puro Veleno” è infatti un romanzo con autentici personaggi da romanzo, storia d’amore, eventi imprevedibili, misteri e persino un finale a sorpresa. Un libro assai tagliente, ma anche molto divertente. Allora, Silvio Bernelli noi l’abbiamo rintracciato a Torino. Allora senta, Bernelli, la radio passa per essere meno velenosa della Tv. Lei cosa ne dice?

(S.B.) È possibile, ma la radio, il mondo della radio italiana nella sua intierezza, è un mondo che è di gran lunga il più libero rispetto a tutti gli altri mass media, e quindi garantisce una libertà di movimento e anche si presta per inventare avvunture come quella che c’è in “Puro Veleno”.

(N.C.) Ma lei ci ha mai lavorato alla radio?

(S.B.) Lei qui mi scopre, perché certo che c’ho lavorato in una radio. Ho lavorato in una radio locale qui a Torino per circa due anni ed è stata una grandissima avventura. Un lavoro molto divertente.

(N.C.) Allora, presentiamo subito questo suo protagonista. Si chiama Davide Corradini, fa il giornalista, non alla radio però, ma in un giornale che nel suo libro, visto che i nomi sono tutti cambiati, si chiama “La Notizia”. Allora, questo per un sacco di tempo ha fatto l’oscuro cronista della “Notizia”, senza neanche firmare gli articoli, finchè a un certo punto si è conquistato una rubrica, una rubrica intitolata “Curaro”, velenosissima. Come mai fa questa cosa così velenosa?

(S.B.) Intanto lui, da semplice cronista, ha la fortuna di venire estratto, quasi come un bussolotto, dalla sorte, per fare questa rubrica, in modo assolutamente casuale. Semplicemente, è quello che riesce a rimpiazzare il rubrichista precedente nel modo più veloce possibile, con la proposta migliore posssibile. Di conseguenza comincia a fare queste stroncature ma, come è spiegato in alcuni passi del libro, non è che Davide Corradini sia particolarmente cattivo o senta particolarmente questa missione dello stroncatore. È un po’ uno stroncatore per caso, e anche poi le cose che gli accadono durante il libro in qualche modo lo confermano.

(N.C.) Sì, difatti bisogna leggere attentamente questa prima stroncatura. Lui stronca un film, il film che stronca si chiama “Ancora una corsa” e il suo articolo fa: “Ancora una corsa, sperando che sia l’ultima”. Allora, bisogna leggere attentamente questa stroncatura perché contiene un segreto, un segreto che si scoprirà solo alla fine del libro, che ovviamente noi non riveliamo. Ma insomma, da quando questo Davide tiene questa rubrica “Curaro”, il quotidano “La Notizia” vende diciottomila copie in più. Ma è possibile? Cioè, come accadeva al “Corriere della sera” quando ci scriveva Pasolini. E addirittura, questo aumento clamoroso è prodotto da un critico cinematografico. Hanno tanto potere i critici?

(S.B.) Certo che non ce l’hanno, però nell’ottica di romanzo-romanzo, com’è nella letteratura proposta da “Puro Veleno”, in “Puro Veleno”, questo è uno spunto possibile. O meglio, è uno spunto verosimile. Cioè, fa parte di quel mondo di possibilità, di cose che potrebbero accadere, che fanno la letteratura che piace fare a me. Come dico sempre, io cerco di scrivere avventure urbane moderne.

(N.C.) Allora, siamo in estate, l’estate più rovente degli ultimi centoventi anni in cui i vecchi crepano come mosche e c’è la Cappa del Tropico Cisalpino, scrive lei, e Torino è semideserta, tutti si sciolgono, boccheggiano ai bordi delle piscine, vivono la notte. Il nostro protagonista intanto è in crisi matrimoniale, perché Liliana, l’amore della sua vita, lo ha piantato per un altro, un certo Luca, quindi lui è tristissimo. Però, gli accade un miracolo. A un certo punto viene agganciato dal direttore ed editore, cioè dal padrone in assoluto del network radiofonico più potente, il primo a livello nazionale, che si chiama Radio Staff. Questo qui si chiama Sandro Bianchi, stazza centoventi chili, poi scopriremo che porta al polso gemelli di puri rubini o zaffiri, e insomma questo qua, Sandro Bianchi in persona, Dio in terra, lo convoca a Milano, no? Allora, descriviamo questo network. Com’è? Pare che ci siano quadri di Andy Warhol attaccati al muro. Lo ha visto lei un posto così, esiste un posto del genere?

(S.B.) Allora, non l’ho visto un posto del genere, non esiste, però potrebbe esistere. Cartesio diceva: “Se tu ci pensi, allora esiste da qualche parte”. Quindi, in qualche posto esisterà, però Radio Staff è un possibile network. Tra l’altro, in Italia i network radiofonici sono molto importanti, sono molto potenti, sono una tra le pochissime realtà nel mondo dei mass media che in questi ultimi anni di crisi tragica hanno aumentato il proprio fatturato, e soprattutto hanno un legame con i propri ascoltatori, sono capaci di sviluppare un rapporto con le persone che li ascoltano che secondo me non ha pari, neanche nel mondo della carta stampata.

(N.C.) Descriviamo questo tipo di network, allora. Venti ore di musica, lo dice, fierissimo, mister Bianchi in persona, ha inventato lui questa formula. Allora, venti ore di musica e curiosità in diretta al giorno, cioè, non notizie ma curiosità in diretta. Ci spiega che differenza c’è tra notizia e curiosità in diretta?

(S.B.) Perché Radio Staff è un network che dichiaratamente non fa informazione, un po’ come per altro molti network fanno, cioè, si occupano esclusivamente di intrattenimento. All’interno di questo intrattenimento c’è poi sempre, tutti i network ce l’hanno, una fascia informativa fatta con più o meno attenzione, questo poi ovviamente dipende anche dal tipo di pubblico a cui la radio si rivolge.
E questo diversifica molto le emittenti radiofoniche, perché ce ne sono alcune che sono invece molto legate al mondo dell’informazione e altre che lo sono meno. Quindi Radio Staff è questo tipo di radio generalista, è un po’ una radio che ha grande successo e si rivolge al grande pubblico in anni di sostanziale disimpegno, un po’ come sono questi, o almeno di paventato disimpegno.

(N.C.) Però, oltre a queste venti ore di curiosità in diretta, e rari telegiornali, pare ce ne siano due o tre al giorno, ci sono cinque minuti neanche, perché poi c’è il tempo per la pubblicità, gli sponsor, i jingle e altre cose, c’è una manciatina di piccoli programmini, offerti gentilmente dallo sponsor di turno. In questo caso c’è una ditta di aranciate, e una di questa ditte di aranciate si vede che non so, qualcuno ha letto o ha sentito di questa rubrica di Davide Corradini, sulla “Notizia” e dai, che la facciamo alla radio. Insomma gli offrono di fare alla radio una cosa una del genere. E’ così?

(S.B.) Diciamo che l’idea è sempre di Sandro Bianchi, quello che citava lei all’inizio, questo patron, imperatore del network radiofonico, e di conseguenza è lui che sceglie Davide Corradini. E poi è l’ufficio marketing della radio che decide che per spalmare adeguatamente le proprie sponsorizzazioni, i propri introiti pubblicitari, una buona idea è quella di sponsorizzare questo programma che, come giustamente si ricordava prima, dura poi in realtà una manciata di minuti. Dura così poco perché questi sono in realtà i tempi radiofonici di oggi, soprattutto di certi network, dove c’ è una successione chiacchiera-musica-spot-chiacchiera musica, che è quasi senza soste..

(N.C.) Il famoso clock che si ripete inesorabile..

(S.B.) Esatto. Tra l’altro è un modo di fare radio che si è affermato una decina di anni fa, quando sono nate le radio di flusso, passando dalle radio di palinsesto alle radio di flusso, cioè sono quelle che nell’arco della giornata propongono un flusso continuo di musica, giusto alternando i propri conduttori al microfono.

(La conduttrice del programma legge un brano del romanzo)

(N.C.) Però c’è una cosa che mi ha così, colpito. Come mai gli offrono di fare questa trasmissione in diretta, quando mai, Davide si è ritrovato a trasmettere in radio? Come mai si fidano di lui?

(S.B.) Intanto perché tutto ciò che Davide dice in radio in realtà viene scritto prima. C’è una lunga descrizione di come funziona il gobbo radiofonico..

(N.C.) Ecco, come funziona, me lo dica..

(S.B.) C’è un monitor dove vengono scritte le cose che il conduttore legge. Questo vale per i programmi dove ci sono i testi scritti, perché poi in realtà, moltissima della radio che si fa in Italia, è a ruota libera, in diretta, un po’ senza rete. Per cui, su questo display ci sono semplicemente delle tracce, un canovaccio, da cui poi sviluppare il programma.

(N.C.) Ci sono delle persone al servizio di Davide Corradini.. C’è una certa Betty Marini che fa la redattrice, non abbiamo ben capito qual è il ruolo di questa redattrice che, insomma, è lì per controllarlo un po’, o per suggerirgli le notizie. Cosa fa questa Betty Marini?

(S.B.) Betty Marini è lì per fare tutto il lavoro che Davvide Corradini non può fare. Davide Corradini è semplicemente la voce di questo programma, che ha alle sue spalle, come tutti i programmi radiofonici, anche questo a cui stiamo parlando, una nutrita schiera di collaboratori che si occupa del dietro le quinte, e il dietro le quinte è sempre fondamentale, come tra l’altro verrà fuori alla fine di “Puro Veleno”.

(N.C.) Ma insomma, questi hanno di tutto e noi qui parliamo da una piccola, gloriosissima emittente nata negli anni ‘30, o addirittura alla fine degli anni ‘20, da Trieste, Radio Trieste, che faceva sceneggiati, in genere. Insomma, noi siamo qui, siamo noi soli, cioè siamo io e il tecnico che parliamo con lei. Le invece descrive questo potentissimo network in maniera molto diversa. Questi hanno tutto, hanno i quadri di Andy Warhol alle pareti, e poi descrive la povera sede della RAI di Torino, che sembra sopravvissuta a un disastro nucleare da quando gli hanno tagliato tutto, non so. È davvero così? Sembra Chernobyl. È davvero così la sede RAI di Torino?

(S.B.) Certamente siamo sempre nel campo del romanzo-romanzo, quindi siamo sempre nel campo della fantasia, però è indubbio ci sia stata una politica da parte della RAI che vede la smobilitazione in certe zone d’Italia, tra cui sicuramente, Torino.

(La conduttrice del programma legge un brano del romanzo)

(S.B.) Per puntualizzare, vorrei dire che la RAI ha alcune proprietà qui a Torino, in città, che è tra l’altro la città dove è nata e dove ha cominciato a tarsmettere, e uno dei suoi palazzi è, se non erro, in vendita da molto tempo. O almeno, è da molto tempo che si parla di venderlo. Questo significa che non serve a nulla, è vuoto.

(N.C.) Infatti in questo libro si racconta anche un po’ il declino di questa splendida capitale, Torino, lì davanti al Lingotto, alla FIAT, le manifestazioni degli operai. C’è quest’aria di licenziamento. Com’è adesso questa Torino, come se la vede lei?

(S.B.) La vedo che, rispetto alla situazione che viene raccontata nel libro, è immaginata circa un paio d’anni fa l’avventura di “Puro Veleno”, adesso la situazione per fortuna è di molto migliorata. Certo, Torino sconta la sua colpa storica, che è quella di essere stata una città che dichiaratamente non voleva il glamour. Adesso però il glamour è di massa, il glamour fa denaro e Torino deve recuperare glamour. E deve anche recuperare la sua capacità di proposta in settori diversi che non siano quelli storici, come quello dell’automobile, che però, ultimamente, grazie a dio, questo lo dico per tutte le persone che citava lei, che si trovano spesso in piazza, dietro uno striscione, a chiedere nient’altro che del lavoro, la situazione è migliorata negli ultimi mesi. Io non posso che sperare che continui così.

(N.C.) Comunque, il nostro giornalista Davide va a Milano per lavorare, per avere quest’occasione d’oro se non che lui deve condurre questa rubrica radiofonica in diretta, deve inventarsi il primo numero, dev’essere una cosa eccezionale, sensazionale, e insomma gli capita, almeno così pare, una fortuna inaspettata, servita così su un piatto d’argento. Per caso, almeno così pare, camminando per strada, incontra un vecchio compagno d’università, e lui neanche si ricorda il nome esatto di questo compagno. Lui sa solo che lo chiamavano Gandhi, perché era magrissimo questa qua. È esistito veramente, questo Gandhi? Era un suo compagno di scuola?

(S.B.) No, no, nessuno dei personaggi del libro è esistito veramente. Però, sicuramente, uno dei modi che m’interessano di più per fare letteratura, per raccontare queste avventure urbane moderne di cui parlavamo un po’ prima, è quello di costruire questi personaggi il più possibile nel dettaglio, dare a ciascuno le proprie ombre, le propire luci, ed è un modo senza il quale ho scoperto io non riesco a scrivere. Io ho bisogno di avere storie molto ricche di cose, tra cui anche di personaggi.

(N.C.) Questo Gandhi che pare che non batta un chiodo, non è neanche un giornalista vero come il nostro Davide, che bene o male ha sempre scritto sulla “Notizia”, no?

(S.B.) Sì.

(N.C.) E questo qua fa l’ufficio stampa, ma fa l’ufficio stampa del massimo del massimo, di una certa Barbara Davis, l’attrice americana e hollywoodiana più famosa del momento. Il nostro Davide incontra questo Gandhi e rimane molto sorpreso dal fatto che lui fa l’ufficio stampa di questa signora che vive a Hollywood. Insomma, questo sarebbe uno scoop bestiale. Lui potrebbe adddirittura portare nella potentissima Radio Staff la star americana più famosa del momento e pensa, così, il libro parte da questa costruzione, a come vuole cominciare il primo numero.

(S.B.) Sì, è fondamentale però ricordare che Davide Corradini incontra Gandhi che gli parla del suo lavoro per Barbara Davis, che va ospite alla Mostra del Cinema di Venezia, prima di ricevere l’incarico per “Puro Veleno”. E di conseguenza, non è così automatico questo passaggio che Davide fa, però certo che poi, ragionandoci, scopre di avere tra le mani la carta vincente. Quindi decide di invitare per la prima puntata di “Puro Veleno” che, contrariamente a Curaro, sarà un programma di interviste, “al vetriolo”, decide d’invitare proprio Barbara Davis.

(La conduttrice del programma legge un brano del romanzo)

(N.C.) Lei cosa preferirebbe? Cosa avrebbe scelto?

(S.B.) Ma, io da tanti anni mi occupo di creatività per le agenzie di pubblicità, quindi avrei fatto la scelta che c’è nel libro, avrei scelto anch’io come Sandro Bianchi. E per le stesse ragioni per cui lui lo fa, tra l’altro, e quindi avrei scelto il primo slogan. Perchè è più semplice e più immediato.

(N.C.) Senta, Silvio Bernelli, parliamo un po’ di lei. Lei sembra saperne tanto di questo mondo, troviamo tra l’altro spesso i suoi articoli sulla net, troviamo ecco, tra l’altro, uno molto carino “Trentacinque giorni al mio quindicesimo compleanno”, in cui racconta il suo primo concerto, che erano i mitici Ramones, siamo al 4 febbraio del 1980, lei non ha ancora compiuto..

(S.B.) Quindici anni..

(N.C.) “Quindici anni e, nemmeno dimostravo la mia età” scrive, “Pesavo quarantacinque chili bagnati e il nomignolo che mi avevano affibbiato i compagni era Stecco perché ero un ragazzino magrissimo.” Però poi, questo ragazzino magrissimo diventa un personaggio, perché poi per un sacco di anni, cosa che poi lei racconta nel suo primo romanzo, che era “I ragazzi del Mucchio”, sempre pubblicato da Sironi, lei diventa il bassista di uno, anzi due gruppi punk rock, giusto? I Declino e gli Indigesti?

(S.B.) Sì, io preferisco la dizione “hard core punk”, a cui sono molto più legato, che non a punk semplice, che secondo me vuol dire un’altra cosa.

(N.C.) Che differenza c’è?

(S.B.) Be’, l’hard core è stata un ‘esperienza che intanto fa parte degli anni ‘80, e che i gruppi italiani, tra cui anche il Declino e gli Indigesti, in cui io ho suonato per sei, sette anni della mia vita, hanno vissuto insieme a tutti gli altri gruppi e assieme a tutti gli altri ragazzi del mondo, nello stesso momento, tutti facendo la stessa cosa. Mentre invece il punk è una roba che è nata a New York nel ‘75, e per certi versi, molto più famosi, a Londra nel ‘77, per cui il punk italiano è stata una cosa non esistente, cioè dei semplici epigoni di un’esperienza che era stata trasportata qua. Invece l’hard core nasce nello stesso momento a Milano come nasce a Los Angeles.

(N.C.) Sì, ma qui, tra i suoi miti troviamo Lou Reed, i Led Zeppelin, no? Erano questi i suoi miti da ragazzino?

(S.B.) Be’, Lou Reed sì, i Led Zeppelin no, che ad esempio io scoperto molto dopo, ma i miei miti da ragazzino sono nati con me. Io ho avuto da ragazzino la fortuna, a 13 o 14 anni, quindi stiamo parlando del ‘78-‘79, di appassionarmi alla musica mentre c’era quest’esplosioone, che si chiamava punk e poi si chiamava new wave, di gruppi e di musicisti che avevano sostamnzialmente qualche anno in più di me. Quindi tutto ciò che aveva già tre anni sembrava vecchissimo, no? Faceva parte di un’era lontanissima. Poi però per fortuna il termpo non funziona così, quindi poi, tempo dopo c’è stato tempo anche per i Led Zeppelin.

(N.C.) Sappiamo che questo suo primo romanzo ha avuto molto successo. Ne ha parlato persino un programma mitico della nostra radio 3, no? Farenheit…

(S.B.) Farenheit..

(N.C.) È addirittura uscito un cd che raccoglieva le canzoni di questi gruppi, no? Di questi ragazzi del Mucchio di allora, insomma, lei è stato un ragazzino che ha vissuto un’adolescenza molto privilegiata, tutto sommato, no? Perché ha avuto la fortuna, da piccolino, di girare il mondo, suonare per una decina di anni, da quando era un teenager in poi, e girando il mondo poi con la sensazione di essere famoso, seppure in un giro piccolo, modesto, no? Quindi un’adolescenza straordinaria…

(S.B.) Certamente sì, ed è proprio questa la ragione per cui il mio primo libro è stato “I ragazzi del Mucchio”, perché ciò che più m’interessava raccontare è stata quella grande avventura. In effetti non capita a tutti di salire su un palco a diciassette anni, come è capitato a me, e poi due o tre anni dopo fare la stessa cosa a Berlino, poi a Los Angeles e in tutti gli altri posti in cui ho suonato. Quindi sicuramente la mia è stata un’adolescenza molto privilegiata. Siamo stati anche fortunati, siamo anche arrivati nei tempi giusti e molto però, e questo ci tengo a dirlo perché “I ragazzi del Mucchio” è un libro che parla di quello, abbiamo anche avuto il coraggio di seguire i nostri sogni, che è una cosa a cui spesso è più facile pensare che tradurla in realtà, no? Invece noi ci abbiamo provato fino in fondo perché ci abbiamo creduto fino in fondo.

(N.C.) Sì, ma in fondo questa realtà adolescenziale era fatta anche di professionismo, perché questi ragazzini sapevano fare tutto, sapevano anche autoprodurre i propri dischi eccetera, no? E questo professionismo forse si vede anche in questi romanzi che lei scrive, che non sono, ad esempio, affatto noiosi, anche se trattano argomenti che di solito vengono trattati in maniera noiosa. Sono romanzi che si leggono tutti d’un fiato, addirittura ci sono finali a sorpresa. Insomma, lei è stato scoperto da Sironi, da Giulio Mozzi penso, no? Ma perché era già famoso, insomma, in qualche modo?

(S.B.) La mia fama, se così vogliamo chiamarla, in realtà mi fa un po’ ridere. Comunque, la mia fama precedente da musicista in realtà non ha avuto molto a che fare con la mia avventura letteraria. Semplicemente è successa questa cosa molto particolare, tra l’altro proprio negli anni a cui faceva riferimento lei, quando andavo in giro a suonare con il mio Rickebacker, in questo gruppo hard core punk violentissimo e nella borsa c’avevo i libri di Proust. Quindi questa stranissima abitudine, questa stranissima persona che ero, in qualche modo, poi ha coltivato questa passione fortissima che aveva per la letteratura, che era pari alla passione per la musica. Io per molti anni ho ascoltato dischi e suonato e appena ho smesso di suonare ho continuato a leggere libri e ho cominciato a scrivere. Di conseguenza sono contento che poi i miei libri risultino tecnicamente ben fatti. Tra l’altro è una cosa a cui io tengo molto. A me piace molto il sacrificio, lo studio..

(N.C.) Ma lei è grande ormai, ha quarant’anni ormai. È uno dei problemi del suo protagonista, Davide Corradini, di essere arrivato a quarant’anni. Ma comunque, tra Lou Reed e i Ramones, i concerti punk rock eccetera, passiamo a citazioni più raffinate, perché nel frattempo il ragazzino cresce. Allora come si arriva da Lou Reed eccetera, da questo mondo, dai Ramones a Kusturiza, a cose di questo tipo. Che cosa c’è in mezzo?

(S.B.) Come dicevamo prima, sicuramente passando attraverso la letterarua

(N.C.) Che letteratura? Lei cosa legge?

(S.B.) In questo momento?

(N.C.) No, in genere, cosa legge?

(S.B.) Io leggo di tutto.

(N.C.) Qual è il suo scrittore preferito, mi dica, qual è? Chi vorrebbe essere lei?

(S.B.) Be’, diciamo che per certe cose mi piace molto Henry James, soprattutto certi libri “minori”, come ad esempio “Il carteggio Aspern”, che giudico uno dei romanzi brevi migliori della storia. Se no anche Conrad non mi dispiace niente, devo dire…

(N.C.) Cioè libri che assomigliano a film, è così?

(S.B.) Sono tutti libri che raccontano la storia di qualcuno che fa qualcosa, e questa è una cosa che mi affascina molto. È la stessa cosa che cerco di fare anch’io con i libri che scrivo, cercando di fare in modo che questa avventura che viene narrata sia il più avvincente possibile. Se possibile, anche divertente.

(N.C.) Senta, c’è questa eterna fidanzata, che poi diventa moglie di Davide Corradini, il suo protagonista. Questa famosa Liliana, ce la descrive fisicamente? Com’è?

(S.B.) Liliana è una donna molto alta, e questa è la cosa che la caratterizza di più. Ha questi capelli che scuote quasi in maniera pericolosa, un po’ come fosse una leonessa, ed è soprattutto una donna in qualche modo extra-large. Non perché sia sovrappeso, ma perché ha delle dimensioni di un certo tipo, che non sono così comuni nell’universo femminile, soprattutto italiano. Somiglia più a una ragazza straniera, un’olandese magari.

(La conduttrice del programma legge un brano del romanzo)

(N.C.) Noi non raccontiamo ovviamente come va a finire questo libro. C’è un segreto, c’è un mistero, anzi, c’è addirittura una commedia degli equivoci alla fine, no? Con uno stranissimo finale. Però questo lo possiamo dire, che questo Davide Corradini in realtà è un bravo ragazzo, perché lui dovrebbe essere tutto preso da questo suo debutto, in cui diventerà il personaggio italiano del momento, perché nel frattempo parte questa campagna promozionale, insomma, riceve un sacco di telefonate. Tutti i giornali cominciano a parlare di lui, anche le radio cominciano a parlare di lui, naturalmente il direttore della “Notizia” ha dato il suo cellulare a tutti i colleghi, così riceve valanghe di telefonate, messaggini, sms. Insomma, sta per diventare il personaggio del momento e proprio mentre sta per lanciarsi in questa diretta, tra l’altro è una cosa che fa un po’ ridere, perché dura due o tre minuti, in cui lui leggerà su un gobbo quello che gli scrive la Betty Marini, che nel frattempo gli ha spedito diciannove domande, e dirà quello che è stato approvato dal direttore dei programmi, un altro personaggio inquietante del libro, per non dire del regista, o del patron, che in realtà decide tutto lui… Be’, insomma, proprio in questo momento in cui sta per diventare famosissimo e.. L’amour, l’amour, l’amour.. Rischia di perdere tutto per amore, perché deve riconquistare la sua donna che l’ha mollato per un altro. È così, è così tanto bravo ragazzo questo qui?

(S.B.) Diciamo che è un bravo ragazzo tanto quanto era necessario per raccontare la sua parabola, nel senso che ovviamente a me è venuto in mente prima lui, come persona, questo stroncatore cinematografico di professione che, nel momento stesso in cui vede partire la propria carriera viene lasciato dalla moglie matissinma. Quindi ho pensato a questo, poi da lì è venuta fuori tutta la storia, è nata dal personaggio.

(N.C.) Ma questa cultura delle stroncature non è una cosa ottocentesca? Esistono ancora questi stroncatori di professione?

(S.B.) Non esistono più. O almeno, esistono in misura assolutamente minore rispetto al passato, anche perché essendosi moltiplicati i prodotti artistici, quindi ci sono molti più libri oggi, ci sono molti più film oggi, molti più dischi che escono rispetto a tanti anni fa, e di conseguenza la critica molto spesso, quasi sempre, davanti a un prodotto che non gradisce sceglie il silenzio, invece della stroncatura. In certi ambiti è un’operazione a cui francamente non mi sento di dar contro, penso che sia molto meglio così. Ciò che dispiace e che invece spesso, quando ci sono personaggi che sono grandi registi, grandi autori, grandi musicisti che invece fanno un brutto film, un brutto libro o un brutto cd, ecco, quelli andrebbero stroncati, invece quelli non vengono stroncati quasi mai.

(N.C.) Comunque, Silvio Bernelli, lei ha esordito da ragazzino, con quarantacinque chili a poco più di quindici anni facendo il bassista del Declino, poi degli Indigesti, ha girato tutto il mondo, è diventato giornalista, ha lavorato alla radio, adesso cosa fa?

(S.B.) Io soprattutto mi occupo di comunciazione, quindi il mio vero lavoro, quello che io amo di più, è fare il copywriter, e quindi inventare strategie di comunicazione, pubblicità. Poi capita di fare anche altro, scrivere qualche articolo, ma in fondo con la penna mi mantengo da tanti anni, quindi spero di poter continuare a farlo.

(N.C.) Allora, immagino ci sarà il terzo volume di una trilogia, o qualcosa del genere. Cosa scrive adesso?

(S.B.) In questo momento non sto scrivendo nulla..

(N.C.) Non scrive un terzo romanzo?

(S.B.) No, certo che lo scriverò, però non ho ancora messo a fuoco quale sarà il tema, che è una cosa secondo me molto, molto importante. Naipaul dice che uno scrittore passa metà della vita a capire qual è il suo tema, e io sono d’accordo con lui.

(N.C.) Ringraziamo Silvio Bernelli,. I suoi due romanzi li trovati in libreria editi da Sironi, quest’ultimo, bellissimo, che parla di noi, della nostra cara, amatissima radio, come dicevamo, si intitola “Puro Veleno”, e ve lo raccomandiamo caldamente. Ma per passare al prossimo argomento ci vorrebbe una canzone, una canzone amata da Silvio Bernelli ragazzino, cioè, i Ramones.

(Parte un pezzo dei Ramones)
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