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Luca Masali: «Racconto storie rubate a mia nonna laghée»
Paola Pioppi, Il Giorno, 05.03.2006
Vincitore a sorpresa della prima edizione del Premio Azzeccagarbugli
A cadenabbia un mio trisavolo aveva costruito una barca in soffitta
In una finale lecchese giocata sui colpi di scena, allo spoglio dell'ultima scheda ha vinto la prima edizione del Premio Azzeccagarbugli al Romanzo Poliziesco, forse stregando i lettori con un misto di intrigo, avventura e atmosfere laghée ben collocate tra Griante e Cadenabbia. Un lago che Luca Masali, milanese con forti radici lariane, nel suo L'inglesina in soffitta riesce a raccontare nella falsa calma prebellica, trasformandolo in uno scenario di inseguimenti e incursioni del controspionaggio,che si incrociano con personaggi come il pettegolo Martin Picc o il barcaiolo Marchion, accusato di aver ucciso il vecchio Raù. Quasi cinquecento pagine giocate sul continuo sovrapporsi di piani narrativi, dove le microstorie si imbattono nella politica.

Da milanese quale lei è, dove è andato a recuperare i paesaggi, le espressioni dialettali, i personaggi e l'atmosfera laghée che c'è nel romanzo?

Uno dei protagonisti è il Marchion, un vecchio mastro d'ascia anarcoide. Il Marchion è un tipo strano, un artista della scure ma coi piedi per terra, probabilmente un po' tocco, al punto da costruirsi una barca in soffitta. Questo Marchion in realtà era un mio trisnonno, o giù di lì, che ha veramente costruito una barca in solaio. Ancora oggi, a Cadenabbia c'è un proverbio che in dialetto recita “Non fare come quello là che si è fatto la barca in soffitta e ha dovuto tirare giù il tetto per tirarla fuori”. Erano anni che cercavo il modo di far esprimere questo individuo, i cui geni sconclusionati fanno parte del mio Dna. Quindi gli ho cucito addosso una storia folle come lui, prendendo a prestito i racconti della nonna laghée.

Quindi la passione per avventura e fantascienza arriva dalla nonna?

Lei era una gran lettrice di fantascienza e aveva una splendida raccolta di Urania. Le immagini delle copertine di quei libri hanno scavato nella mia fantasia di bambino, sono stati un materiale insuperabile per creare giochi bellissimi. Nei racconti della nonna, le storie di quei libri si mescolavano ai suoi ricordi del lago di Como e della Tremezzina, che ancora oggi è un'enclave degli anni Venti. Qui è come se il tempo si fosse fermato, con ancora i grandi alberghi e le ville Belle Époque che ricordano il breve periodo in cui questo tratto del Lario era una delle mete preferite dalla nobiltà europea. La fantascienza per me era diventata sinonimo di vacanze sul lago, di atmosfere ovattate d'inizio secolo. Sarà per questo che quando ho cominciato a scrivere sono rimasto legato a quel sapore particolare.

Lei è stato il vincitore della prima edizione del Premio Azzeccagarbugli al Romanzo Poliziesco. Cosa pensa che abbia ha spinto i lettori a preferire L'inglesina a quelli degli altri due finalisti, Valerio Varesi e Piero Colaprico?

, Ogni volta che affronto un premio letterario, la cosa che temo di più è la giuria “letteraria”, quella che sceglie i fi nalisti in modo che i giurati popolari non siano costretti a sciropparsi una cinquantina di romanzi a testa. Di solito non mi perdonano un grave peccato: quello di divertirmi nello scrivere, cosa che rende giocosi i miei romanzi, anche quando affrontano temi duri, dolorosi o truculenti. Temo molto meno la giuria popolare. Non ho moltissimi lettori, ma so che chi mi legge si diverte moltissimo. Nell'Azzeccagarbugli, caso strano, temevo anche gli altri finalisti: al contrario di me erano giallisti specialisti, molto amati dal loro pubblico. I giurati “lettera ti” sono stati coraggiosi, mi hanno fatto arrivare alla finale, e come immaginavo i giurati “popolari” si sono divertiti con una storia ben diversa dal solito. Un racconto contaminato, come dicono i critici: se il piatto forte è una solida indagine poliziesca, per contorno ci si trova di tutto: dal romanzo storico al noir, con un po' di giallo, un po' di spy story e molta commedia. La finale è stata una serata al cardiopalma, tra continui sorpassi, rimonte e colpi di scena. Mamma mia... comincio ad essere troppo vecchio per queste emozioni!

Cosa le ha portato questo premio?

L'inglesina, tra quelli che ho scritto, è il romanzo che preferisco, e fino all'Azzeccagarbugli era l'unico rimasto all' asciutto di premi. Poverina, mica per demeriti suoi: scontava la colpa di essere un romanzo sfaccettato ma senza una sola goccia di fantascienza, che è il genere letterario per il quale sono conosciuto, in verità più all'estero che in Italia. Una scommessa, insomma. Un genere per me del tutto nuovo, un editore nuovo e un po' più piccolino del solito, dato che i miei romanzi precedenti in Italia li ha pubblicati Mondadori, mentre L'inglesina è uscita con Sironi. Che ha fatto un ottimo lavoro, ma la dimensione è quel che è. Del resto L'inglesina in soffitta non è certo un romanzo da supermercato, di quelli che si vendono a vagonate come la birra in lattina, è piuttosto come un buon vino d'annata. Tutto questo si sente sia in termini di distribuzione sia in termini di prom o z i o n e . Quindi l'Azzeccagarbugli mi ha dato una grossa soddisfazione: ho potuto battermi ad armi pari con gli specialisti del giallo. E non ho per nulla sfigurato, anzi.

L'inglesina rimarrà un romanzo riservato al pubblico italiano?

Da quel che sento dal mio agente, pare che il premio stia dandomi un aiutino con gli editori stranieri, a cominciare da quelli francese e spagnolo, che sembrano intenzionati a tradurre anche L'inglesina. Il che proprio non me l'aspettavo, anche perché è il primo e solo romanzo che io abbia mai scritto esclusivamente per il pubblico italiano. Un' operazione dettata dal cuore, che sapevo in partenza essere commercialmente insensata, visto quanti pochi lettori ho al di qua delle Alpi. Quindi mi sono abbandonato a scrivere un testo dove ho voluto giocare con la lingua, i sapori, la gente, le manie di questo spicchio d'Italia, in libertà, magari divertendomi pure col dialetto, senza minimamente pensare che un giorno qualche pover'uomo avrebbe dovuto tradurlo. E invece pare proprio che, anche grazie all'Azzeccagarbugli, L'inglesina se ne andrà in giro per il mondo, cosa che mi diverte moltissimo. Ma non tutti si divertiranno allo stesso modo: mi ha telefonato il mio traduttore in francese di fiducia, un serissimo professore di italianistica della Sorbona che si chiama Eric Vial, e un po' imbarazzato mi ha detto: “Senti, ho qui il tuo manoscritto… ehm… che cos'è esattamente un laghée?” Eh, vaglielo a spiegare…» «A Cadenabbia un mio trisavolo aveva costruito una barca in soffitta» «Tremezzina ancora un’enclave degli anni Venti»
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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