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Sul romanzo-ottovolante decolla uno scrittore
Sergio Frigo, Il Gazzettino Veneto, 29.01.2003
Il pordenonese Tullio Avoledo, scoperto da Mauro Covacich e da Giulio Mozzi, protagonista di un sorprendente caso editoriale
La storia intricata di un bancario del Nordest alle prese con guai professionali, dei egizi e universi paralleli
Dieci anni fa raccontava per i lettori del Gazzettino le vicende del suo paese, Valvasone, in provincia di Pordenone: i consigli comunali, i problemi della viabilità, la tutela del Tagliamento, il piccolo scoop su un ex gladiatore...

Dieci giorni fa era ancora un tranquillo bancario di provincia, con l'hobby della lettura e della scrittura, e il vezzo di scambiare lettere con un centinaio di scrittori anglo-americani, del calibro di John Le Carré, Arthur C. Clarke, Kurt Vonnegut, John Updike, John Irving...

Oggi Tullio Avoledo è lo scrittore italiano del momento. Esageriamo? Fate un po' voi: del suo primo romanzo, "L'elenco telefonico di Atlantide" (Ed. Sironi, € 17), si stanno occupando tutti i giornali; la prima tiratura (4mila copie) è andata esaurita in tre giorni, la seconda (10mila) è già tutta prenotata: e si tratta di un tomo di oltre 500 pagine; per non parlare dell'agitazione che ha contagiato il popolo di internet; ha un secondo romanzo ("Il mare di Bering") in arrivo fra qualche mese e un terzo (titolo ancora top secret) praticamente completato e già prenotato.

Il critico Antonio D'Orrico, dopo aver praticamente imposto ai lettori italiani un paio di anni fa (forte delle quasi 700mila copie di tiratura del suo giornale, il settimanale "Sette") l'americano Mordecai Richler ("La versione di Barney") e dopo aver definito Giorgio Faletti “il più grande scrittore italiano” per "Io uccido", gli ha dedicato un servizio di quattro pagine sentenziando che “è un grande” anche lui.

Quello che è successo dopo (cioè negli ultimi dieci giorni), ce lo racconta lui stesso nell'articolo a fianco. Noi cercheremo qui, invece, di riferire quello che c'è a monte di questo "evento letterario" tutto nordestino (gli scopritori di Avoledo sono il pordenonese Mauro Covacich e il padovano Giulio Mozzi), e di raccontare questo nuovo protagonista della nostra letteratura di evasione, dopo aver passato qualche ora con lui al Premio Nonino, dove si è presentato per incontrare John Banville, che è uno dei suoi miti. Senza trascurare di parlare, beninteso, di questo singolare romanzo, sul quale molti lettori anche scafati hanno confessato di avere passato le notti: anche se ha qualche pagina di troppo, se alcune spiegazioni sono didascaliche, se alcuni fili rimangono in sospeso.

"Atlantide" dunque è una pura macchina di divertimento: anche se si intuiscono nella scrittura (persino troppo) l'abbondanza di letture dell'autore, le sue passioni per il cinema e la musica (alcune pagine descrivono veri e propri piani sequenza) e le sue riflessioni (preoccupate) sull'attualità e sul futuro. Per essere più precisi, possiamo dire che "Atlantide" è una specie di ottovolante: sali sul carrello e metti la sicura, poi vieni trascinato in alto, molto in alto, e quindi fatto precipitare all'impazzata, sottoposto a sbalzi vertiginosi, condannato a curve da brivido; e quando pensi di essere arrivato, e metti i piedi per terra tentando di raccogliere e rassettare le budella, è la piattaforma stessa a mettersi in movimento, e ad infliggerti un'altra shakerata clamorosa.

Alla fine ti sei divertito, ma ti rimane dentro un fastidioso stordimento, e un persistente senso di nausea. E nelle orecchie ti riecheggiano i sinistri scricchiolii della macchina lanciata in velocità, che se non ti ha scaraventato fuori dall'abitacolo - come ha minacciato di fare ad ogni curva - non ti ha nemmeno riportato al punto di partenza, ma in un luogo e in un tempo molto, molto lontani. Anche se l'inizio, infatti, racconta l'attualità di un tipico paesaggio nordestino - una piccola banca locale assorbita da un gigante internazionale del credito, un impiegato dell'ufficio legale (Giulio Rovedo, il protagonista) sottoposto a misteriosi episodi di mobbing, un faticoso tran tran coniugale e condominiale - il seguito si avventura nella fantastoria e nella fantapolitica, intrecciando la ricerca del Graal e il mito dell'Arca perduta, il ritorno delle divinità egizie e la leggenda dei mondi paralleli (dove vincono sempre i nazisti), il tutto sullo sfondo di un condominio i cui occupanti non muoiono mai...

Ma non è tutto: perchè Avoledo consegna al sorprendente finale (coniugando avventurosamente la caverna di Platone e le invenzioni narrative di Dick e Vonnegut) l'impegnativo compito di confutare il cartesiano "cogito ergo sum" su cui noi tutti basiamo il nostro senso di realtà: elaborando infatti una notizia fornitagli nientemeno che da Arthur C. Clarke, impernia l'ennesima svolta del romanzo sul fantascientifico progetto della British Telecom di riprodurre su un supporto informatico l'intero contenuto della mente di un uomo, una sorta di clonazione mentale che ci assicurerà una discutibile, per quanto virtuale, immortalità. Se considerate che Avoledo è persona estremamente sensibile, e seriamente preoccupata del futuro che lasceremo in eredità ai nostri figli, capirete perchè sabato al Nonino non si è spellato le mani al futuribile racconto delle attività del neurobiologo premiato, Antonio Damasio.

La biografia del protagonista ha molti punti di assonanza con quella dell'autore (il nome, l'età - 45 anni -, il lavoro legale in banca, la famiglia, gli hobby, compresa la corrispondenza con gli scrittori), di conseguenza le sue scappatelle extraconiugali hanno suscitato nella signora Anny, moglie di Avoledo, figlia di friulani nata a Parigi, qualche comprensibile perplessità.

Ma Rovedo è solo il mio mr. Hyde - garantisce Avoledo - É politicamente scorretto e anche "manipolato", mentre io sono fin troppo inibito.

Lo scrittore è in effetti persona disponibile e gentilissima; ed è sinceramente sorpreso del successo che gli è piovuto addosso, anche se ha idee molto precise sulla letteratura e la scrittura, e in genere sulla responsabilità etica e civile dell'artista.

Nel mio libro volevo anche mettere in guardia dalla rinascita (o dall'invenzione) di miti che tendono a schiacciare l'individuo e a fornire occasioni di fuga a chi non vuole confrontarsi con la realtà: il Graal, l'Arca, ma anche i celti, il milione di posti di lavoro, l'America guardiana del mondo... Vorrei dire, con Dick, "svegliatevi, dormienti”.

Ma a lei piace la realtà attuale?

Ah, per niente. Mi preoccupano il degrado della qualità della vita, l'indifferenza con cui guardiamo ai poveri, lo sguardo incarognito che dedichiamo ai derelitti. Quando ero bambino io era diverso: le cose si desideravano di più, e una volta ottenute assicuravano una felicità più duratura. La nostra mi sembra una società che ha rinunciato alla felicità.

Posso dedurne che i prossimi libri saranno più impegnati di questo?

Per la verità il mio terzo libro, che sto scrivendo ora, sarà di impianto politico. E avrei voluto che fosse il primo. Ma è prematuro parlarne ora.

E il secondo?

Ne "Il Mare di Bering" c'è satira politica e di costume. Sarà più divertente di Atlantide: come nelle strisce di Trudeau, mette insieme un centinaio di personaggi apparentemente slegati fra loro, ma che in realtà interagiscono con un obiettivo comune, che si svela alla fine.

Tre libri quasi in contemporanea: ma come fa?

Scrivo molto velocemente, di notte, con le cuffie per ascoltare la mia musica, quando la famiglia dorme. Atlante, ad esempio, è nato in due mesi. Poi taglio, limo, ritocco, ma per il 90% è buona la prima stesura.

Quando ha deciso che avrebbe fatto lo scrittore?

Da ragazzo scrivevo poesie, ma non avevo l'ispirazione, e nemmeno un'emotività tanto prorompente. Successivamente invece il lavoro giornalistico mi ha insegnato la rapidità e la concisione. Nel '98 ho cominciato a corrispondere con alcuni scrittori di lingua inglese, dai quali ho ricevuto consigli e spunti di approfondimento. Ma l'idea del romanzo mi è venuta due anni fa, partecipando a un corso di scrittura tenuto a Pordenone da Mauro Covacich e Gian Maria Villalta. Mauro è stato il primo a leggere il manoscritto, e mi ha consigliato di spedirlo a Giulio Mozzi, consulente editoriale della Sironi editore. Con mia grande sorpresa l'hanno accettato, decidendo anzi di inaugurare con "Atlantide" la nuova collana "Questo e altri mondi!". Ed eccomi qui.

E se non l'avessero accettato?

Ah non avrei mollato. Scrivere per me è prima di tutto un grande divertimento.

Non ci resta che augurare a Tullio Avoledo, e a noi lettori, che il successo gli consenta di continuare a divertirsi.
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