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Masali, azzeccagarbugli del giallo |
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Andrea Bagatta, Il cittadino, 06.10.2005 |
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Lo Srittore si è imposto su due grandi del genere: Piero Colaprico e Valerio Varesi |
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È arrivato l’ennesimo riconoscimento per la felicità narrativa di Luca Masali. Alla fine di settembre lo scrittore, che risiede a Paullo ormai da un paio d’anni, si è aggiudicato il Premio Azzeccagarbugli al romanzo poliziesco, competizione letteraria indetta dalla provincia di Lecco e dal Comitato regionale dei giovani imprenditori di Confindustria Lombardia. Masali con L’inglesina in soffitta (Sironi editore), dopo una prima selezione della giuria tecnica, è stato premiato dal voto popolare precedendo Piero Colaprico (Trilogia della città di
M. Marco Tropea) e Valerio Varesi (L’affittacamere, Frassinelli). Con le precedenti opere di fantascienza, Masali aveva già conquistato riconoscimenti nazionali e internazionali. Questo è il primo, però, in ambito poliziesco.
Soddisfatto?
«Io mi diverto molto ai premi letterari perché sono l’aspetto diciamo così sportivo del nostro mestiere. E richiedono anche un pizzico di fortuna. Il premio vero l’avevo già agguantato raggiungendo la finalissima. Non era scontato che alla mia prima prova di giallista sarei riuscito a piazzarmi sul podio insieme a specialisti del genere: è stata una gran bella soddisfazione».
Nel tuo libro si sente molto il Lago e la sua gente. Ogni comunità anche piccola ha le potenzialità per diventare un soggetto da libro?
«La storia dell’Inglesina trascende il locale. È quello che io chiamo “Villagepunk”: una storia che nasce nei confini di una piccola città di provincia ma si allarga fino a diventare una questione globale, da cui dipendono i destini di tutta l’Europa, e non solo del sonnacchioso borgo dei pescatori da cui tutto è cominciato».
Stai già lavorando a qualcosa di nuovo o ti stai godendo il successo?
«Ebbene sì, sto lavorando a un nuovo romanzo... Il cui protagonista è un egittologo per caso, alquanto squattrinato, che senza saperlo è fidanzato con la dea Bastet, la dea gatta del delta del Nilo. E dovrà vedersela con un cupo mistero che avvolge la figura del faraone Micerino».
Ci sarà mai spazio per il Lodigiano e i l sud Milanese in qualche tuo romanzo? Lo ritieni adatto come sfondo per uno dei tuoi libri?
«Io amo il Lodigiano, perché tutti i posti dove terra e acqua si incontrano fanno nascere storie meravigliose. Il mio primo incontro con queste terre è stato a vent’anni, quando con unamanciata di amici abbiamo percorso tutto il Po in canoa, da Torino a Venezia. Era pieno novembre, e tra le nebbie e la pace della corrente ci sembrava di navigare il Rio delle Amazzoni, attraversando terre di una bellezza struggente che sembrava non volersi concedere del tutto, avvolgendosi pudicamente in una densa foschia. Sì, il Lodigiano sarebbe uno scenario indimenticabile per un libro, se trovo il coraggio di confrontarmi con un romanzo splendido che è nato da queste atmosfere, La bella di Lodi di Arbasino. A pensarci bene, però, anche scegliendo il lago di Como avevo un ingombrante precedente letterario. E dunque, perché non dovrei provarci? Chissà. Ci penserò su».
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