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L’umorismo tra Pordenone e la new economy
Filippo La Porta, Avvenimenti, 24.01.2003
L’elenco telefonico di Atlantide, opera di Tullio Avoledo
Spettrali e labirintici condomini del Nord-Est italico, ristrutturazioni aziendali ad opera di multinazionali (con licenziamenti e trasferimenti), minacciosi consulenti bancari-hacker, interni di "normali" famiglie piccolo-borghesi di reddito medio, e poi divinità egizie, nazisti e Arca perduta (anzi trafugata ad Axum durante le nostre imprese coloniali) degni di Indiana Jones, Santo Graal, esoterismo, Zohar, sopravvissuti ai lager per metà impostori, universi paralleli, acque miracolose che sgorgano in cantina... Probabilmente le ambizioni di Tullio Avoledo, al suo romanzo d'esordio L'elenco telefonico di Atlantide (Sironi, pp. 525, euro 17) non sono poche. Ogni tanto nella nostra letteratura qualcuno tenta avventurosamente di fare il best-seller di qualità, un romanzo di grande intrattenimento e di genere, che reinterpreta i grandi archetipi, le figure dell'inconscio collettivo poi depositate nella cultura di massa, ma che nel contempo presenta una solidità di scrittura e anche una qualche interrogazione "filosofica" più alta. L'incipit sul condominio Nobile (presumibilmente Pordenone dove vive l' autore: del resto il protagonista ha molti tratti autobiografici: quarantenne, soffre d'insonnia, ha un carteggio con i maggiori scrittori di lingua inglese, fa l' avvocato in una piccola banca) è memorabile e fa pensare ad un film come American Beauty. La descrizione minuziosa del caseggiato - fino alla messa a fuoco sul personaggio - diventa un "pezzo" di storia sociale, architettonica, antropologica, etc. E anche il ritratto del neocapitalismo finanziario e informatico appare di affilata precisione (letteratura postindustriale?). Il romanzo sembra ispirato da Philip K. Dick - qui richiamato - ma con una narratività decisamente meno paranoica ed elettrica, capace di sciogliersi in un ritmo spigliato, in una comunicatività affabile alla Ken Follet. A volte si rischia un "effetto Maurensig" (che poi era di queste parti). Avete presente La variante di Maurensig, macchina narrativa ben oliata ma sovraccarica e insidiata da Kitsch. Però Avoledo non intende solleticare le ansie culturali da status symbol dei suoi alfabetizzati lettori. Si limita a giocare con la materia, attraverso il gusto intelligente dell'iperbole e un umorismo a tratti irresistibile (e anche una improvvisa irruzione del tragico, in una pagina intensa e sobria sulla morte per Aids di uno dei personaggi).
Forse siamo tutti diventati un po’ "sushi" (il pesce freddo), come il protagonista che scopre di non provare più “nessuna reale passione” ripensando alla sua vita in famiglia. Ma ci ostiniamo a credere che la letteratura migliore, come pensa Avoledo e come diceva Flannery O'Connor (qui citata) possa qualche volta salvare la nostra vita.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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