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C'eravamo tanto amati nei gironi di Mirafiori
Vera schiavazzi, La Repubblica - edizione di Torino, 13.11.2004
Maurizio Torchio, 34 anni, direttore dell’Archivio Storico Fiat, ha scritto un libro che fino a pochi anni fa non avrebbe potuto scrivere. Si intitola Tecnologie Affettive e raccoglie sei racconti, il primo dei quali è dedicato a Vittorio Arranti, nome fittizio di un alto dirigente della Acme (leggi: Fiat) che a poco a poco viene privato del potere e dei suoi simboli nell’azienda alla vigilia della crisi. Non è difficile riconoscere nel goffo, gentile e raffinato Arranti, un uomo che pure per trent’anni ha assorbito tutti i vizi e le virtù dello stile aziendale, una persona come Cesare Annibaldi, ad esempio, che di Torchio è stato capo e mentore. Ma l’interesse del racconto non deriva dal gioco degli indovinelli quanto dalla descrizione minuziosa e nostalgica di un mondo che si sta sgretolando: le Lambda degli alti dirigenti e i costumi dei loro autisti, il rito dei regali di Natale ai figli dei dipendenti, la paura di un direttore di stabilimento che vede nella presenza di Arranti il segnale che forse la sua fabbrica non verrà (per ora) chiusa. E poi i ricordi: la segretaria che un tempo comprava Marlboro per i sindacalisti durante le trattative, o saliva sul tetto per scrutare l’arrivo dei cortei. Il rapporto inesistente, del dottor Arranti con le tecnologie: <<Il dottore non ha orologi. Il dottore ha persone>>. Le tradizioni di charity di una fabbrica che un tempo regalava ambulanze a profusione, fino a quando anche il più piccolo finanziamento non è entrato a far parte dei giochi di potere interni. I rimpianti di un uomo immagine costretto negli anni del terrorismo all’auto blindata e alle guardie del corpo, ma anche entusiasta di andare a parlare al Festival dell’Unità, di fronte all’unico pubblico <<davvero attento>>. E’ forse la prima volta che il clima interno ai vertici Fiat trova una così felice espressione narrativa, e non è un caso che ciò avvenga in anni nei quali le crepe nel sistema aziendale sono ben altre e assai più preoccupanti.
E’ quasi un peccato che il primo racconto catalizzi l’attenzione, distraendola da quelli che seguono – non privi, per altro, di riferimenti alla vita dell’ex città-fabbrica e dei suoi protagonisti dove il fil rouge continua ad essere quello del rapporto tra uomini e macchine. Banda delle coccole, storia di un’organizzazione clandestina nata in via Pietro Micca per garantire baci a chi non ne ha e Effervescente Paloschi, descrizione esilarante del legame tra un uomo e la sofisticata attrezzatura video che gli procura a comando la pornografia desiderata, meritano una citazione. Forse Torchio lascerà l’Archivio Fiat e i suoi tesori per fare lo scrittore. Ma non sarà a causa della censura aziendale.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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