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Critica della (finta) ragion economica |
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Orazio Paggi, Letture, 01.12.2004 |
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Più che racconti, quelli che presenta Giorgio Falco in questa sua opera prima sono frammenti di vita quotidiana. Una rappresentazione della modernità attraverso i suoi sistemi produttivi ed economici, nei quali ogni individuo è (a piacere o a disagio) incagliato. Ci si trova di fronte a un'umanità obbligata ad accettare le regole di un sistema meccanicistico e spersonalizzante, in cui conta soprattutto, secondo l'assioma di Fromm, l'avere più che l'essere. Luogo privilegiato di osservazione è l'azienda telefonica, con i quadri, gli interinali, gli operatori, i call center, i servizi di telefonia Gsm. Qui sono considerati solo il guadagno e il fatturato, come viene descritto in Rap dance, nel quale un dipendente elenca orgoglioso la continua crescita, anno per anno, di Omnitel, comprendendo però amaramente che passerà l'intera esistenza a correre dietro a numeri e progetti, rischiando di dimenticare se stesso.
Il mondo del lavoro diventa la metafora di una società plastificata, dedita all'immagine, ma inconsistente, in cui si tende sempre a divorare l'altro. Emblematico a questo proposito è Competitors, che ha per protagonista un quadro di un'importante azienda di telecomunicazioni, il quale si comporta da "capetto" con gli interinali che deve gestire, mentre cerca di non farsi mettere i piedi in testa dal superiore. Uno che non sciopera mai, che a quarant'anni vuole essere dirigente e che non capisce perché non si possa licenziare liberamente senza restrizioni. Ne esce l'immagine di un'Italia desolante, dominata da rabbie e frustrazioni, in cui non c'è posto per i sentimenti e gli affetti.
Falco riesce a rendere bene questo deserto emozionale, delineando con sicurezza i comportamenti vuoti di una borghesia senza valori, attaccata al lavoro come unica ancora di salvezza. In coerenza alla sua estetica, sul piano della scrittura utilizza un linguaggio innovativo che riproduce i ritmi incalzanti e soffocanti della contemporaneità: periodi privi di punteggiatura, monologhi, discorsi in prima persona, testi "rappati" o quasi in rima. Un libro disturbante, senza dubbio un buon esordio. |
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