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Giù le mani dal busto di Lenin
Maria Vittoria Vittori, Il Mattino, 10.07.2004
IL CUORE ROSSO DELL’EMILIA NELL’ULTIMO LIBRO DI CALICETI
Della sua Emilia Giuseppe Caliceti, classe 1964, ci aveva raccontato la vernice scintillante di megadiscoteche, rave party e arrembanti ragazzi icasticamente ribattezzati suini (Suini s’intitola il romanzo che l’anno scorso ha vinto a Napoli il premio "Elsa Morante-L’isola di Arturo"); ora, con affetto appena venato di ironia, viene a raccontarci nel suo ultimo romanzo Il busto di Lenin (Sironi pagg.160, € 12,00) il cuore tenacemente rosso. Un cuore situato a Cavriago, 8 Km da Reggio Emilia, più precisamente nella piazza dove si erge il busto di Lenin. Non ha conosciuto tempi difficili solo in vita, Vladimir Ilic Ulianov, ma anche post mortem: e qui entra in gioco Cavriago che ospita il suo busto, fatto oggetto, tra la caduta del muro di Berlino e il crollo del comunismo in Urss, di polemiche e attentati di ogni tipo.
Finché non entrano in azione Libero e i suoi amici, Ivan, Palmiro, Spartaco e Pravda: un gruppetto di combattivi settantenni, ex partigiani, ferventi comunisti che non si capacitano né del fatto che Occhetto voglia togliere l’aggettivo comunista dal Partito, né che si voglia buttare giù il busto di Lenin.
Finzione o verità questa dei custodi del busto di Lenin?

"Li ho conosciuti davvero. Quando nel ’96 uscì il mio romanzo Fonderia Italghisa venne una troupe di Rai 3 per effettuare riprese della fonderia e dei luoghi vicini; venne ripresa anche Cavriago con il busto di Lenin. In quella occasione ho conosciuto i pensionati di cui parlo nel libro. Durante quella fortissima crisi d’identità in atto, si tenevano stretti più che mai al simbolo, al loro spazio da difendere. A prescindere dalle idee mi ha colpito il loro modo di viverle: un modo caldo, appassionato, vero".

Nel romanzo l’avvicinamento a Libero e ai suoi amici è espresso dal personaggio di Yuri.

"Per non fare un’operazione nostalgica, avevo bisogno di un personaggio come Yuri, di un giovane che viene colpito dalle idee dei vecchi comunisti. E vorrei aggiungere che alcuni degli ideali dei no global che sono nati dopo quell’epoca, sono comunque figli di queste idee e dell'aspirazione a un mondo più equo e più giusto".

Finora ci ha raccontato il mondo dei giovani: una bella sterzata, questo romanzo che parla di anziani.

"In effetti le categorie che mi interessano di più sono quelle non inglobate nel mondo del lavoro. Se si guarda ai giovani e agli anziani è più facile scoprire visioni del mondo diverse da quella a senso unico tipica di chi è inserito nel ciclo produttivo".

Non so se ci voglia più coraggio a parlare di quegli anni 1989-1991, o a far parlare il busto di Lenin...

"Quel periodo è diventato un tabù, sembra quasi che la sinistra sia nata dopo e non capisco perché si debba vergognare così. Due sono le opere che parlano di quel periodo e mi hanno colpito: il documentario di Nanni Moretti "La cosa" e il film "Good-bye Lenin" che racconta di una persona anziana, residente a Berlino Est che si sveglia dal coma e scopre che il mondo non è più quello di prima. Dal canto mio, ho voluto raccontare il trauma dei comunisti emiliani con una certa leggerezza, e quindi ho fatto parlare Lenin. Ma solo qualche frase, senza esagerare, altrimenti avrei riprodotto il crocifisso di Brescello".
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