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Tra storie visionarie e realtà del quotidiano |
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Francesco Bonardelli, Gazzetta del Sud, 02.11.2002 |
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“Sleepwalking”, racconti di Laura Pugno |
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Tredici storie visionarie, ovvero episodi distinti di una coerente – addirittura unitario, pur nella varietà dei contenuti – impianto narrativo, innestato su una dialettica incessante di parole e immagini evocate, stile di scrittura e rappresentazione della realtà: per l’esordio in prosa di Laura Pugno, approdata con Sleepwalking edito da Sironi al racconto d’autore, dopo una già consistente esperienza in ambito lirico, nella militanza creativa in alcune tra le riviste rappresentative dell’attuale sperimentalismo poetico. “E’ una videocamera ad alta definizione – recita il risvolto di collana, per l’”indicativo presente” curato da Giulio Mozzi -. La sua scrittura sfiora l’assoluto visibile. Le sue storie scorrono nella mente del lettore con la rapidità rallentata di un videoclip ipnotico”. Ed è il procedere filmicox a rappresentare, in effetti, l’essenzialità della forma, basata sull’essenzialità stessa dei termini e sulla loro diretta rispondenza alle necessità impellenti dei contenuti. Così che dall’impatto improvviso, oscuro, avvolto dalle nebbie dell’incoscienza con i personaggi e gli eventi, si procede alla definizione rapida dei contorni, quasi alla familiarità delle storie: come in un’avventura da sonnambulo, cosciente delle trame anche senza l’individuazione visiva dei contorni. Non un dubbio, o un’ipotesi irrisolta, nella lettura dei racconti; ben inserita nel tempo e nel modo verbale della certezza. Ma neanche verità enunciate, o sicurezze esibite; nella possibilità, riservata all’intrprete, di comprendere o scoprire le individualità dei personaggi nella dinamica del loro agire. Così per Iacopo, cameriere tutto-fare del takeway cinese, che intreccia una storia di spirituale fisicità con Sahe, inferma alla vita m straripante di vitalità. Così per Ester, che trova nel mondo dei sogni il mondo della realtà ddimenticata. Così per Luz, che legge i sogni altrui dai movimenti della pupilla. O per Giuseppe, che si innamora di Argento (nome vero o presunto di una ragazza misteriosa), in una storia e metà tra realtà e finzione cinematografica.
Sono racconti come flash di una quotidianità apparentemente minima, e trasfigurata dalla scrittrice al punto da divenire poetica visione del mondo, in assoluto sostenuta da una liricità, evidentemente, non estranea alle trascorse esperienze creative dell’artefice. Rispetto alla quale forzata risulterebbe ogni acquisizione di corrente di gusto, o di semplice influenza compositiva: per una prosa che sì sviluppa i termini compositivi lungo linee di studiata immediatezza espressiva, come nelle migliori prove della contemporaneità letteraria. Dettando però regole di gusto e di godibilità artistica, altrimenti estranee al culto dell’immediatezza di comunicazione. Allora le descrizioni, le esitazioni sulle componenti di contorno agli eventi narrati – sempre rigorosamente centrati sulla caratterizzazione dei personaggi – divengono elementi centrali nell’equilibrio narrativo. Aspetti caratterizzanti l’evoluzione della scrittura, personalizzata verso il vero e proprio stile di formale caratterizzazione: “Mattias ha molti ricordi del mare ghiacciato – è l’esordio di una storia “visionaria” – ma non dall’infanzia. Apre gli occhi, dormendo ha sognato il mare e il ghiaccio indistinguibili. Dal finestrino del treno oltre i vetri sporchi si vede bene, a quell’ora, la costa bassa e umida , le lagune, la sabbia chiarissima delle grandi spiagge. L’aria è di un colore incerto, bianco”. Sono, anche qui, i giochi di rimando tra il sogno e la realtà; meglio, tra l’incoscienza apparente e la coscienza sostanziale di uno stato di semi-veglia, che sembra percorrere tutti i racconti dalla parte del mai evidenziato narratore. E appaiono così familiari, pur nella loro dimensione di offuscata stranezza, i protagonisti degli eventi: detentori tutti di una storia solo parzialmente rivelata, eppure tutti in grado di conferire riconoscibilità alle azioni, appunto familiarità ai comportamenti. E se la scelta poi – com’è ovvio in un reticolo di argomenti ricercati e di episodi incrociati – cade sulle particolarità delle azioni, sulle peculiarità dei comportamenti, è perché la scrittura da sé impone complicazioni di percorso, deviazioni dalla linearità facile e scontata, che appartiene più al mondo “da svegli” che a quello, incantato, di una parziale incoscienza sugli eventi e sulle loro modalità di successione. Così che, alla fine, il percorso di lettura ben organizzato dall’autrice, anche nella successione delle storie, finisce per disegnare una realtà del quotidiano trasfigurata nel sogno visionario dell’artista: che nel sottendere quasi la fisicità dei suoni e dei movimenti, tende a conferire al ritmo stesso della narrazione, alla liricità ricercata delle situazioni descritte, il fascino stesso di ogni esclusiva prova sperimentale. Quella attuata in Sleepwalking, senza estremismi di strutture compositive, ma con la consapevolezza di una necessaria personalizzazione espressiva; oggi quanto mai necessaria, nell’appiattimento di ogni forma di comunicazione. |
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