Vuoi registrarti oppure effettuare il tuo login? Clicca qui
Home
Il catalogo completo
Libri in arrivo
Le recensioni
indicativo presente
Questo e altri mondi
Galápagos
Fuori collana
Spore
I ferri del mestiere
La scienza in tasca
Semi di zucca
Elvis Riboldi
Cerca nel sito
Mailing list
Scrivici
Area utenti
English 
Acquistare online
F.A.Q. tecniche
Condizioni generali
Foreign rights
Dieci anni da biopomodoro
Anita Loriana Ronchi, Il Giornale di Brescia, 05.05.2004
www.giornaledibrescia.it
Il 21 maggio del 1994 la Calgene Inc. presentò il Flavr Savr: prometteva più sapore e durata rispetto ai cugini «naturali».
Doveva essere un successo, ma il gusto ha tradito le attese
Sono trascorsi esattamente dieci anni, da quando è nata e si è sviluppata l’idea commerciale di un prodotto alimentare geneticamente modificato. Il 21 maggio del 1994 la Calgene Inc., una piccola società californiana, immette sul mercato il pomodoro Flavr Savr, che promette un miglior sapore ed una maggiore durata rispetto ai cugini «naturali». È un evento senza precedenti: le agenzie regolative statunitensi ne certificano la sicurezza, l’accoglienza dei consumatori è addirittura entusiastica; tuttavia, l’archetipo dei cibi high-tech scompare dagli scaffali dei supermercati nel giro di due anni. Che cosa è accaduto? Ce lo racconta Belinda Martineau, giovane biologa che ha fatto parte del team che ha realizzato il primo prodotto Ogm, nel libro «Il primo frutto» (Sironi Editore), curato dalla giornalista scientifica Elisabetta Tolla, in cui illustra la vicenda che l’ha vista protagonista. L’autrice spiega che il Flavr Savr venne studiato per risolvere un vecchio problema della produzione ortofrutticola di massa: la raccolta di frutti ancora verdi, che si cerca di far giungere intatti sui banchi dei negozi. L’intuizione fu di introdurre un gene «salva gusto» nel Dna del frutto, in modo da rallentare il processo degenerativo dei pomodori e permetterne una maturazione più naturale. La Martineau ripercorre le diverse fasi del progetto a partire dalla scoperta iniziale e dagli esperimenti sul campo, fino al superamento dei test ordinati dalle autorità e all’etichettatura volontaria del prodotto da parte dell’azienda. Il pomodoro ingegnerizzato è, in effetti, sottoposto a tutti i controlli sulla sicurezza per la salute umana e l’ambiente che consentono di ottenere l’approvazione della severa Food and Drug Administration statunitense. Non è stato certo (come una considerazione superficiale potrebbe far indurre) un processo rapido e lineare. Anzi, la scienziata porta in luce chiaramente il background delle ricerche, i cui risultati sono stati conseguiti dopo anni di fatiche, di delusioni e di rivalità accademiche, perpetrate senza esclusione di colpi, e anche di noiose battaglie legali. Sta di fatto, comunque, che il progetto fallisce. E non tanto per le obiezioni degli ambientalisti (anzi la Martinau rimarca che non sempre, per altri prodotti geneticamente modificati e molto diffusi negli Usa come soia, mais e cotone, sono state seguite procedure altrettanto rigorose): il «primo frutto» va in fumo semplicemente perché non si rivela abbastanza piacevole al gusto. Dopo aver incontrato il favore dei consumatori e generato introiti significativi, nel 1997 la Calgene è costretta a cedere (anche sotto la pressione dei colossi internazionali della bioingegneria) e ritirare dal commercio il suo pomodoro Flavr Savr. La bacca che si presenta rossa e soda per ben quattro settimane (e che quindi poteva essere staccata dalla pianta a maturazione completa), in realtà non è così saporita come il suo aspetto lascia immaginare. Ora, qualunque sia il nostro punto di vista sulle biotecnologie applicate al settore alimentare, la parabola del primo cibo transgenico stimola una riflessione. Innanzitutto - sembra ovvio - non basta modificare il gene di un frutto per renderlo apprezzabile al palato. Ma, quel che è più interessante, siamo alle prese con un mondo ancora in gran parte sconosciuto e dominato da una serie di pregiudizi di cui è doveroso dimostrare la fondatezza. L’autrice, pur non rinnegando le perplessità sull’industria biotech, dichiara l’importanza «di valutare le biotecnologie agrarie grazie alla conoscenza di fatti concreti, sollevando il dibattito dall’attuale livello di slogan e frasi fatte». E ribadisce la necessità di una ricerca libera e di un’informazione più puntuale e trasparente, che metta al corrente sui rischi e le opportunità connessi ad ogni operazione di carattere scientifico o tecnologico. Insomma, resta una questione di buon gusto.
Tutti i diritti degli articoli della rassegna stampa di sironieditore.it di proprietà dei rispettivi autori/testate/siti.
Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

L'universo accidentale
di Alan Lightman
Galápagos
"L'idea fondamentale. Intervista a Fabio Toscano" di Carlo Silini, Corriere Ticino
"Il cervello geniale che valeva per due" di Giulia Villoresi, Il Venerdì di Repubblica
"Come funzionava la testa di Leonardo" di Giovanni Caprara, Sette, Corriere della sera

Sironi Editore è un marchio di Alpha Test s.r.l.
viale Cassala 22 - 20143 Milano
tel. 02-58.45.981 - fax 02-58.45.98.96
C.F./P.IVA: 08317940966
R.E.A. MI 2017255
Cap. Soc. € 146.093,57 int. vers.