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Infanzia dea, di Maria Luisa Bompani |
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Paola Dentone, Permesola, 21.03.2004 |
www.permesola.com |
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"Infanzia Dea" è un percorso di riappropriazione di se stessa: una donna adulta acconsente a percorrere nuovamente il passato, ad acquisire contatto con se stessa bambina, accogliendo un mondo lontano e trascurato, fatto di sogni e rabbie poi sedimentati nella rassegnazione.
"Nascono le voci" e affiora un universo, ripercorso con sguardo infantile, eppur adulto al contempo, e linguaggio decostruito, semplice ed immaginifico: l'uccisione del maiale, i gatti, i familiari, la scuola e le cose moderne, lavatrice, televisione..., che stupiscono come straordinari miracoli. Richiede coraggio pensare al passato ed ascoltare le voci perché significa confrontarsi con eventi che sono la matrice di orientamenti successivi; altre donne, dapprima solo aurorali fanno la loro comparsa nella memoria in un grande fermento: nonne, zie dee, ciascuna con la sua specializzazione (le stoffe colorate; le storie, che trasportano in dimensioni diverse, accompagnano e proteggono, rendendo principessa o fata; i giochi...) assieme a tutta una mitologia familiare, guidata dai genitori che incidono a fondo a fare di lei una creatura silenziosa, ubbidiente, addomesticata e incapace di affrontare la vita in autonomia. Così i desideri si spengono progressivamente e lasciano posto all'attesa e all'esecuzione degli ordini con compostezza da brava bambina, in un attrito, impercettibile all'esterno, tra vitalità spontanea e ammaestrata disciplina.
Rivedere l'infanzia conduce dunque a capire, a introiettare il dolore con consapevolezza matura e recuperare i sogni, la capacità di creare e giocare, ad acquisire un'identità propria che irrompe con la forza di quanto è vivo ed esiste davvero. Il colloquio col passato conduce al superamento del vuoto e la donna, finalmente tale, che emerge, celebra la sua dea bambina, reliquia preziosa, a cui deve la forza delle sue scelte.
Una voce sola alla fine parla senza tentennamenti: donna e bambina ormai recuperate nell'unione. La donna adulta ha incontrato la bambina triste che aveva dentro e nulla sarà più come prima.
Il linguaggio asseconda perfettamente il percorso di scoperta: è sognante nella frammentazione infantile, visuale (i bottoni sparsi "come tante conchiglie sulla spiaggia", fanno "rumore di mare pieno di scogli") e ricco del lessico religioso imposto dalla famiglia, ma ormai acquisito con autonoma determinazione.
L'inno che la donna nuova può comporre alla fine è solo dettato dall'entusiasmo dell'apertura alla vita; la fata bambina con tutti i suoi sogni e la sua energia creativa è ormai fortificata al suo interno:
Bambina, “battezzami nella religione dell'incanto feroce, dell'incontro a sorpresa, della risata senza controllo, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà. Salve o regina bambina, madre di misericordia, vita, dolcezza, speranza, salve.”
E queste sono le tinte del futuro: "farò quaderni a fiori, lascerò che il mio corpo giochi al piacere, costruirò castelli di parole, nuove capanne piene di biscotti, ballerò, mi travestirò da zingara, farò in modo che i bambini vengano a me, perché di essi è il regno della terra."
Infanzia Dea, una preziosa lettura, è edita da Sironi, nella collana, dedicata alla narrativa italiana e curata da Giulio Mozzi, indicativo iresente. |
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