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“Non è il Paradiso” ma… |
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Antonio Pisanti, Rivista Hyria, 19.02.2004 |
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Un provocatorio pamphlet di Antonella Cilento edito da Sironi |
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Se “una società che si osserva è una società civile”, come ricorda Antonella Cilento in conclusione del suo libro, ben ha fatto con Non è il Paradiso a dirne di tutti i colori sui modi di vivere e fare cultura a Napoli, senza risparmiare né illustri personaggi e ambienti che vanno per la maggiore, né gli atavici difetti della gente comune, di quelli che rendono la città impraticabile per chi non sia disposto ad adeguarsi alle sue condizioni di degrado e a tollerare trasgressività divenute ordinarie abitudini di vita.
Ma a Napoli, già paradiso di goethiana memoria, la tolleranza non è, secondo l’autrice, atteggiamento di rispetto verso l’altro, bensì connivenza per il tornaconto che viene dal condividere l’inosservanza delle regole, dal lasciar correre e dal tirare a campare.
Gli stereotipi che la Cilento tratteggia con vivace intento polemico ricadono nell’esperienza di ogni giorno per chi, come lei e la protagonista del racconto, abbia scelto di non abbandonare Napoli, pur nella consapevolezza delle ancora maggiori difficoltà che ostacolano la realizzazione di iniziative culturali estranee ai soliti centri di potere, alle lobby e alle logiche delle lottizzazioni, inermi al confronto dei prevalenti bisogni dell’avere e dell’apparire.
Le incursioni dell’autrice si alternano tra la condanna di comportamenti collettivi deteriori e insensati e la stroncatura di iniziative culturali/editoriali magari di consolidato prestigio, con impietose generalizzazioni che rischiano di (far) ignorare anche quanto vi è di positivo e di costruttivo nella vita della città, nelle intenzioni e nell’attività di operatori culturali che non intendono portare il cervello all’ammasso e abbandonare la speranza; speranza sottesa nello stesso agire di Eva, una protagonista caparbia e refrattaria ai suggerimenti di un diavolone, non a caso napoletano, che le sta intorno.
“Non è il Paradiso”, del resto, con il suo stesso titolo, dichiara il proposito di smentire facili luoghi comuni su trapassate oleografie e rinascimenti culturali in caduta libera, pur senza rinunciare alla ricerca di un possibile futuro di più trasparenti e generose operosità.
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