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Il misterioso «Dopoguerra» del Partigiano di Barbujani
Stefano Lolli, Il Resto del Carlino, 12.06.2002
Il Resto del Carlino.it
«E' facile sbagliarsi in casi come questi. Era facile soprattutto in quegli anni. Avevamo tutti così tanti conti in sospeso. Ogni disgrazia, e naturalmente anche ogni fortuna, mettevano qualcosa in pari, ma allo stesso creavano nuove ingiustizie e nuovi rancori». Erano gli anni del Dopoguerra; un'epoca di conflitti irrisolti, rivalità e alleanze, descritta da Guido Barbujani nel romanzo appena uscito per l'editore Sironi. Un romanzo denso, che segna un'altra tappa significativa in una sorta di stagione d'oro per la narrativa ferrarese. Dopo il Vostiaco di Diego Marani (finalista al Campiello), e l'Erede di Roberto Pazzi (in selezione al Viareggio), con meno ambizioni sul versante dei riconoscimenti letterari ma senz'altro con identica forza e passione, ecco il Partigiano di Barbujani. «A casa, fin da piccolo, ho sentito parlare del dopoguerra e delle sue contraddizioni — racconta l'autore —; i personaggi sono usciti, così, dal clima familiare, dalle memorie del nonno sindaco di Adria, messo al muro a Villamarzana». Ordinario di Genetica all'Università di Ferrara, Barbujani qualche anno fa con il bel Dilettanti — incentrato sulla figura del celebre scienziato evoluzionista Charles Darwin — aveva vinto il premio Maria Bellonci; nel nuovo libro, che inaugura la collana dell'editore Sironi curata dallo scrittore Giulio Mozzi — che venerdì pomeriggio alle 18, assieme a Barbujani ed a Stefano Brugnolo, parteciperà alla presentazione alla Feltrinelli di via Garibaldi —, il ferrarese taglia il cordone ombelicale con gli argomenti 'scientifici' e si addentra in una sorta di noir padano. In cui l'eco dei traumi della guerra, e i sintomi del boom economico alle porte, contribuiscono a creare un clima, civile e personale, del tutto unico. Il protagonista, come detto, è l'ex capo partigiano Martino, divenuto piccolo industriale. Attorno alla sua scomparsa, ruotano le vicende degli altri protagonisti. Scritto in modo asciutto e consapevole (l'autore ha scelto ad esempio di non usare mai il passato remoto per ridurre la distanza dai fatti), Dopoguerra crea anche un dubbio 'politico'. Che Barbujani però risolve con un sorriso: «Non ho scritto questo libro per intervenire sulle vicende degli ultimi mesi, sulle polemiche sulla Liberazione: anzi, quando l'ho scritto, al governo c'era l'Ulivo!».
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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