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Intervista ad Antonella Cilento
Annamaria Manna, Scrittura Creativa Supereva.it, 10.11.2003
Supereva.it: scrittura creativa
Ad un mese dalla pubblicazione del lbro- pamphlet sulle difficoltà di dare vita a Napoli a progetti culturali innovativi che non prevedano genuflessioni al mondo della politica. Un libro che cerca di togliere la maschera ad una Napoli istriona che da un lato si pavoneggia del suo modo sconclusionato di presentarsi come una delle capitali della cultura e dall’altro si autocommisera per un’eredità di cui non riesce a liberarsi una volta e per tutte.
Quali bilancio fai ad un mese dalla pubblicazione di “Non è il paradiso?”

Ad un mese dalla pubblicazione il bilancio è difficile nel senso che ci sono state delle buone recensioni ed altre estremamente acide, però il bilancio che faccio io è su come i lettori hanno reagito e devo dire che il bilancio è positivo, perché nel dolore che il libro esprimeva, nonostante l’ironia, si sono riconosciuti molti napoletani e molti napoletani anche non residenti e mi continuano ad arrivare telefonate di persone che o di generazioni molto lontane o di generazioni più vicine alla mia che si riconoscono purtroppo nella realtà descritta dal libro. E secondo me ad un mese di distanza questo è il vero bilancio da fare e cioè le persone si riconoscono. Invece un problema diverso è per gli intellettuali che si sono riconosciuti nel libro, ma che cercano di evitare un confronto diretto

Quale effetto sulla stampa ti ha sorpreso?

In prima linea l’attacco sul Corriere del Mezzogiorno così personale. Nel senso che poteva sì contestare il libro nel merito e nel libro di parlava del Corriere del Mezzogiorno in modo critico, però l’attacco è stato talmente personale da ottenere un effetto quasi comico e paradossale tale da incrementare le vendite. In fin dei conti però neanche questo è stato tanto inatteso, in quanto già prima dell’uscita sapevamo che il libro avrebbe creato una dimensione di gossip. Anche se il libro è accusato di fare gossip tutti quelli che mi telefonano cercano di farmi fare dei nomi che volontariamente non ho messo nel libro.

Ti ha fatti piacere il dibattito sulla tua mailing list avviato da intellettuali napoletani non residenti o da intellettuali originari di altre città che denunciano situazioni simili anche nelle loro città?

È bello che si creino questi ponti così forti tra napoletani residenti e non e che si possa dibattere anche sulla situazione della cultura in altre città e questo è anche merito tuo, Annamaria, e di questo ti sono grata. Mi ha chiamata anche Pietro Spirito, napoletano e residente a Triste, per un’intervista ed anche con lui è stato bello vedere come ci si possa riconoscere nel problema pur nella distanza; insomma il problema supera le distanze.

Ti ha colpito l’intervista ad Elena Ferrante sul Corriere del Mezzogiorno del 29 ottobre 2003 ?

Mi ha colpito molto perché alla fine parlava di Annamaria Ortese, e tutto sommato qualsiasi discorso su Napoli che si faccia su Napoli non può prescindere dalla Ortese. E la scrittura della Ferrante che è una scrittura straordinaria è una scrittura che ha dentro il senso delle radici. Il suo citare “Il mare non bagna Napoli” mi ha fatto molto piacere.

Ultimamente hai partecipato al convegno “Notizie dal Sud”. Cosa ci puoi dire al riguardo?

È stato un convegno notevole organizzato dall’Università di Campobasso e da Andrea di Consoli che un giovanissimo e attivissimo critico che lavora con la Rai e con L’Unità tra le altre testate ed essendo un critico di origini meridionali, ha raccolto una serie di autori, critici e insegnanti di università del meridione.
Ci sono stati dei momenti molto forti. Io ho partecipato solo all’ultimo giorno di questo convegno ma mi sono arrivate anche notizie dai giorni precedenti. La cosa veramente importate emersa è che il sud ha una grande esigenza di raccontare la realtà. C’è la ripresa di una narrativa fortemente incentrata sul senso di verità, come diceva Antonio Pascale, sul fatto che il narratore deve essere competente su quel che racconta e quindi essere in condizioni di raccontare la verità sulla realtà. E questa narrativa civile ha forti radici nel sud che in altri posti, per una serie di situazioni molto problematiche. Giustamente diceva Giovanna De Angelis, di Einaudi Stile libero, se noi fossimo milanesi nessuno ci chiederebbe che rapporto abbiamo con Gadda. Invece, siccome veniamo da alcune realtà, da Napoli, dalla Sicilia e anche dalla Puglia siamo in relazione con i nostri padri per forza. In definitiva è stato un convegno animato e talvolta anche litigioso, però molto fruttuoso.

Pensi poter trattare in futuro la tematica toccata in “Non è il paradiso”?

Non lo so il prossimo libro, uscirà in aprile 2004 sempre con l’editore Guanda è ambientato a Napoli. Si intitolerà molto probabilmente “Medinaceli”, il nome dell’ultimo viceré di Napoli. Si tratta della identità della città e del rapporto tra dominatori e dominati. Dunque non in modo così polemico come in Non è il paradiso, ma è un tema che mi trascinerò ancora per qualche altro libro.

Apporteresti oggi dei cambiamenti, aggiunte o tagli al tuo libro?

Una delle critiche che mi viene mossa è che il libro è un’occasione mancata perché troppo personale con eventi raccontati in modo troppo soggettiva. Però in definitiva anche se avevo tanti dubbi se pubblicarlo o meno, ma veramente tanti, non cambierei niente perché era l’unico modo per raccontare certi cose, quindi rischiando, compromettendomi e prendendo anche certe batoste. Penso che l’occasione sia mancata per chi evita il confronto. Il libro passerà... meno in fretta di quello che il libro racconta.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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