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Mare di Bering
Giovanni Choukhadarian, Pickwick.it, 14.11.2003
www.pickwick.it
Meno sono ragionevoli, più i racconti di Avoledo tengono avvinti
Prima di tutto, i numeri. Il nuovo romanzo di Tullio Avoledo è un po’ più corto dell’ Elenco telefonico di Atlantide. 447 pagine numerate contro 532. Per leggerle, però, ci vuole più o meno lo stesso tempo, cioè un pomeriggio o, per chi lavora, un paio di giorni al massimo.
Mare di Bering (Sironi, pp. 447, euro 17,00) non è il seguito di Atlantide. In un certo senso, questo è un peccato. Quel debutto così fortunato aveva messo in scena tanti personaggi e tante storie da meritare un prosieguo o, visto che Avoledo è appassionato di cinema, un vero e proprio sequel.
Niente del genere. Qui l’ambientazione è un futuro generico abbastanza per poter parlare del 2003 come di un’era più che trascorsa, in cui la visione di Schindler’s list è vietata, ma si ascolta ancora il rock inglese dei primi anni Ottanta (il cantautore Billy Bragg non ha mai ricevuto tante citazioni, nemmeno in un libro di Nick Hornby, da cui per fortuna Avoledo è distante le mille miglia).
Come nell’ Elenco telefonico, conviene al lettore bennato di sospendere ogni credulità e, se pure gliene fosse avanzato qualche residuo, deporre le strumentazioni esegetiche anche meno agguerrite. La storia di Mika Ganz, giovane giuliano di buona famiglia, senza un lavoro fisso ma capace di procurare tesi di laurea a pagamento in 3 giorni, non ha un briciolo di verosimiglianza. Anche meno credibile è la corte dei miracoli dei suoi amici, a cominciare dal funambolico Rabo Myshkin, redattore di molte delle tesi, e delle sue donne: l’esile, spietata fidanzata Amanda, la timida seduttrice Anna e la Bientinesi, brutta con spirito dominatore.
Meno sono ragionevoli, più i racconti di Avoledo tengono avvinti. Niente di strano: non c’è forse in Italia autore di dialoghi tanto abile, davvero a livello dei grandi sceneggiatori inglesi e americani (vengono in mente, lontanissimi l’uno dall’altra, Nora Ephron e Tom Stoppard). La sua lingua letteraria è quanto di meno letterario si possa leggere oggi in Italia, ma non se ne fa un vanto e quel po’ di parolacce che inframmezzano gli eventi sono, ci si creda o no, più o meno tutte funzionali al dipanarsi dell’intreccio: e di sicuro non lo ostacolano.
In più rispetto all’ Elenco telefonico, questo Mare di Bering vanta un personaggio memorabile. Si tratta appunto della voce narrante, questo improbabile, inesistente Mika Ganz, che Avoledo fa discendere dalle strip di Garry Trudeau e pare invece una versione postmoderna, disincantata e appena un po’ più cinica del Jimmy Porter di John Osborne. Un ribelle senza rabbia e, va senza dire, senza neppure una causa. Non di meno, una figura memorabile.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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