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Il suicidio di Angela B. Il travolgente romanzo di Umberto Casadei
Giuseppe Iannozzi, King Lear Officina Avanguardie, 30.10.2003
Knglear.splinder.it
“Io sono quello che ti seguiva, che tu ti sei arrabbiata, gli hai dato una sberla e poi ti è venuto da piangere e sei scappata via alla fermata dell’autobus dove però dovevi aspettare. E allora ti ho detto: “Ma sono di Besana”. Tu dicevi: “Non è vero”. E invece era vero e siamo saliti sull’autobus…”
Affrontare la morte e non sapere per chi o che cosa si muore. Angela Burzo prende la decisione estrema di togliersi la vita gettandosi dal cavalcavia di una zona industriale. Sa, forse, che l’unico modo per tornare ad avere una sua propria identità è quello di affondare nelle latebre sempiterne dell’Ade, perché Angela non si aspetta che l’aldilà sia luogo ameno. Più semplicemente non si aspetta niente. E’ un “suicidio dovuto” quello di Angela, parafrasando Aldo Busi che in “Suicidi dovuti” disegna una catena di suicidi nella ricca società di Pieve di Lombardia, tanto perbene quanto ipocrita, nel tentativo di dipanare la cattiva coscienza della provincia italiana, allestendo un teatro di passioni esplosive. Lo stesso teatro di passioni lo troviamo ne “Il suicidio di Angela. B.” del padovano Umberto Casadei, che investe in un romanzo fiume la vita e la morte di una giovane che sarà oggetto di indagine da parte di chi l’ha conosciuta intimamente, ma anche, e soprattutto, da parte di quanti sapevano poco o nulla di lei, da chi si era persino dimenticato che Angela aveva una vita “sua”. La vita di Angela è simile ad un castello di carte che si sgretola sotto la potenza del vento delle passioni di chi la ricorda, ma più si tenta di ricordare la sua identità più il castello frana inesorabilmente; ma non basta il franare a fermare i ricordi che scivolano sul cadavere di Angela, perché subito dalla macerie della memoria viene innalzato un nuovo castello.
“Il suicidio di Angela B.” è un romanzo-dossier, ma è anche un ritratto spietato, quasi cinico, nichilista, della vita che scorre ignara di sé. Mario Parecchio e Rinaldo Qualcosa, due editor della Casa Editrice Monopolio, si impegnano a raccogliere tutto il materiale possibile circa il suicidio di Angela Burzo. Angela, una semplice studentessa diciassettenne di Besana, studentessa liceale, decide che la morte è l’unica via percorribile. Ma perché? Gianni Dezanni, compagno di scuola di Angela, nel tentativo di scoprire l’identità segreta di Angela scrive di lei, scrive con precipitazione maniacale e scopre che mentre le parole si rifugiano sulla carta sta raccontando di sé, della sua famiglia, del suo passato turbolento, della sua famiglia quasi impossibile perché la si possa definire tale. Gianni si rende conto che gli amici di cui si è circondato non sono sinceri, scopre che la sua mente è turbata, che la sua brevissima infatuazione per Angela era una scusa per tentare di avere un rapporto con il mondo, con la società. Scopre di essere esiliato prigioniero nella sua stessa vita. Come Tommaso Pincio in “Un amore dell’altro mondo”, Umberto Casadei, attraverso il filo della memoria, disegna le tante varianti dell’Io per sdoppiarlo in simulacri, in apparenze, in congetture e ipotesi. Tra ritagli di giornale, una lettera di Lorenzo Trovato, camionista che trovò il corpo di Angela, lo sfogo di Chiara Beronda Dezanni, madre di Gianni, una riflessione apparentemente sincera di Giorgio Izza, anche lui compagno di Angela forse gay, la morte di Angela si configura pagina dopo pagina come un mistero inquietante e brumoso che non si riesce a dipanare. Forse Giorgio Izza ha plagiato Angela Burzo, ma non c’è sicurezza. La strada verso la verità è lunga e tortuosa, non si arriva mai alla fine: gli interrogativi si sommano e solo questi sono la verità. Porsi domande per mezzo di una esasperata ricerca del perché di un gesto estremo come quello di Angela costituisce l’unica verità conoscibile da chi si è impegnato a scoprire “perché darsi la morte”. Angela par quasi viva, più viva da morta che non da viva. La professoressa di Italiano Elvira Bidelli allestisce un “sito funerario” in memoria di Angela, Gianni scappa da sé stesso per rifugiarsi presso un prete di strada per poi scrivere di Angela, e tutti si interrogano e hanno qualcosa da nascondere. Era un suicidio dovuto quello di Angela. Annota Giulio Mozzi di Sironi Editore, curatore della collana indicativo presente che “dietro tutta la vicenda, dietro Gianni, dietro Izza e Trovato, dietro i due editor compilatori del dossier, dietro i genitori di Gianni – interessatissimi, per diverse ragioni, a che le carte del figliolo diventino "un libro" – sta il responsabile di tutta la faccenda: l’Artefice. Colui che riassume in sé tutti i personaggi-autori e si permette, pur sapendo di andare incontro a una sconfitta certa, l’azzardo di una fiction che non sia finzione, di un narrare che coincida con la vita.” E l’autore, Umberto Casadei, spiega: “Il romanzo nasce tre anni fa da un'imbeccata di Giulio Mozzi a quell'epoca alle prese con la costruzione del suo Fiction, da un lato, e con il mio esaurimento nervoso dall'altro. Avevo lavorato circa tre anni attorno a un altro romanzo e non riuscivo a venirne fuori. Alla mala parata, nell'imminenza cioè del crollo, Giulio mi lanciò una specie di salvagente, cioè mi propose di fare la guest star, per così dire, dentro al suo libro, pullulante per altro di un sacco di identità immaginarie. Mi consegnò il dattiloscritto di Fiction affinché me ne facessi un'idea, ma prima di congedarsi, mi fece dare un'occhiata all'ultima pagina. C'era una piccola frase d'addio al mondo, firmata da una ragazzina di nome Angela, seguita da un brevissimo testo giornalistico, che documentava il suicidio avvenuto della stessa. Subito sotto, c'era scritto: "Lettera di Umberto", cioè del sottoscritto. Ho cominciato così, con l'idea di scrivere una lettera di una quindicina di pagine a una mia compagna di classe fittizia. Solo che... alla fine sono diventate più di cinquecento.”
Stile elettrico quello di Umberto Casadei, che traduce la Fiction in una possibile realtà ma potrebbe essere vero anche il contrario. “Il suicidio di Angela B.” è l’Underworld di Don LeLillo firmato da Umberto Casadei, un affresco vorticoso di una Italia dove personaggi di finzione convivono con la realtà, dove il tempo si ferma nel tempo di un suicidio per continuare a scorrere avanti e indietro nella memoria giustificando storie di fantasmi, di sopravvissuti a sé stessi, ma anche paure, ipocrisie, delitti e mutilazioni dell’”Io”. Angela Burzo è una vergine, forse non troppo, ma è sicuramente una suicida à la Jeffrey Eugenides. Immaginate dunque l’efficacia espositiva di Jeffrey Eugenides, la grinta di Don LeLillo, la disgregazione dell’Io secondo la formula di Aldo Busi, l’indagine introspettiva dell’”Io” di Tommaso Pincio, immaginate un autore italiano, immaginate Umberto Casadei e leggetevi “Il suicidio di Angela B.”.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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