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Il "legal thriller" all'italiana vince in appello
Lorenzo Scandroglio, Il Giornale, 08.09.2003
Quello del cosiddetto “Legal Thriller” è un genere particolare, specie per quanto concerne la fedeltà e l’attenzione che i suoi lettori gli riservano. Difficile che un appassionato non sia aggiornato sulle novità, che non conosca autori di varie nazionalità (specialmente gli americani Grisham, Turow, ma anche Margolin), che non abbia in casa uno scaffale ben fornito di titoli a tema. Eppure - l’abbiamo verificato con un rapido sondaggio - il lettore medio di Legal Thriller anglosassoni ignora l’esistenza del corrispondente genere in Italia o, se anche ne ha sentito parlare, non lo considera all’altezza e non ne conosce gli autori. Il fatto è in buona parte spiegabile, come sostengono i più, con la ancora troppo recente introduzione in Italia del cosiddetto “rito accusatorio” (dal 1989) in cui avvocato e pubblico ministero interrogano e controinterrogano i testimoni in un contesto che si presta molto a situazioni drammatiche, a colpi di scena e, dunque, alla fiction letteraria o cinematografica: troppi pochi anni sono passati perché ci sia anche da noi una tradizione come quella americana che, invece, si è sempre abbeverata alla fonte di dinamiche processuali ad alta temperatura teatrale e che affonda le sue radici nelle celeberrime avventure anni ’30 di Perry Mason. Fu il geniale avvocato e scrittore Erle Stanley Gardner a creare la figura dell’investigatore Mason e a portare per primo, giovandosi della sua esperienza professionale, il proprio personaggio a risolvere i “casi” nell’inedita ambientazione dei tribunali. John Grisham e gli altri succitati sono tutti eredi di quella tradizione. È però altrettanto vero che durante i quindici anni seguenti l’introduzione del rito accusatorio nella nostra penisola, ha preso forma una sorta di “spaghetti-legal thriller”, espressione provocatoria usata dall’autore padovano Marco Bellotto per fare un po’ il verso allo “spaghetti-western” di Sergio Leone. L’espressione, approssimativa e non del tutto lusinghiera per il made in Italy del genere, rende però l’idea del “nostrano” e, nel frattempo, dell’operazione di scavo nella realtà socio-politica italiana effettuata dallo stesso Bellotto nel suo romanzo d’esordio “Il diritto di non rispondere” (Sironi, pp.347, _.16,50) con il quale è stato finalista al Premio Calvino 2002. La vicenda del libro di Bellotto ha già un che di romanzesco, se è vero che l’attuale titolo è una revisione, caldeggiata dalla giuria del “Calvino”, dell’originale “Amore e avventura”. Eccoci così a capofitto nel “legal thriller” tricolore che, è bene precisarlo, definiamo così solo per comodità di classificazione, considerato che in alcuni casi esso assurge alla dignità di vero e proprio romanzo di valore letterario. Quello di Bellotto è un libro interessante, linguisticamente giovane (come l’autore, d’altronde, che è nato nel 1965) perché, pur nel solco di una scrittura classica e priva, per fortuna, di velleità sperimentali, non rinuncia a formule gergali e a lampi di ironia. Ambientato nell’immaginaria città di Santamira, nel ricco Nord Est, la trama è quella di un'indagine giudiziaria che parte dalla morte di un parlamentare-imprenditore. Quasi subito si trova il colpevole: Chiara, sua figlia. In realtà il morto aveva nemici altrove: su queste piste alternative indagano l'avvocato difensore, il marito della donna e un giornalista. Il “diritto di non rispondere” del titolo è una formula giuridicamente scorretta che allude a qualcosa di più ampio: il diritto di ribellarsi, con una sfumatura anarchica, a certe regole del sistema. Nelle torbide trame tra imprenditoria e cosa pubblica, che emergono durante le indagini, riecheggia l’atmosfera di tangentopoli. Altri due libri in cui il colore del denaro assume la tinta del giallo, i cosiddetti "financial-thriller", sono "La banca" (ed. Piemme spa – 1998) e "Il colpo" (ed. Piemme spa – 2002), entrambi di Gorgio De Angelis. Più gialli che thriller legali sono invece i romanzi di Domenico Cacopardo, uno dei tanti magistrati con l’estro della scrittura (pensiamo a De Cataldo, a Calabrò, ma anche a Nicola Quatrano di cui è appena uscito, per i tipi di Tullio Pironti, “La verità è un cane”). Sulla scia di una tendenza che ha già dato i suoi frutti in questo genere più consolidato alle nostre latitudini, come dimostra il Montalbano di Camilleri, anche Cacopardo si è inventato un personaggio carismatico che ricorre almeno dai suoi ultimi due libri, “Cadenze d’inganno” (Marsilio) e “La mano del Pomarancio” (Marsilio): si tratta del sostituto procuratore della Repubblica Italo Agrò. Fra i magistrati-scrittori quello che però si è dedicato al legal thriller con un romanzo d’esordio che sembra davvero ben riuscito, e che trascende persino il genere senza tradirlo, è il barese Gianrico Carofiglio, autore di “Testimone inconsapevole” (Sellerio, pagg. 316, _.11,00). "Il legal thriller ha un grande successo – ci ha riferito Carofiglio a proposito del giallo legale nostrano - nel mondo anglosassone ma anche in Italia e altrove, perché il processo penale è una perfetta ambientazione per lo sviluppo di trame drammatiche e di personaggi interessanti. Detto questo in generale è ovvio poi che molto dipende dalla qualità della scrittura e della narrazione. Io non amo molto Grisham. Le sue storie sono molto ben costruite ma i suoi personaggi sono privi di profondità. Stephen King li ha definiti: "personaggi a due dimensioni" ed io sono d'accordo con questa definizione. Anche Scott Turow non è mai più riuscito a riprodurre la qualità della sua prima opera: “Presunto innocente”. Un nuovo autore che trovo interessante è un giovane avvocato di Chicago, David Ellis. Ho letto il suo secondo libro, “La lettera”, e lo trovo in ottimo equilibrio fra costruzione della trama e sviluppo di personaggi credibili. Quanto al fatto che nel mondo anglosassone il Legal Thriller abbia comunque una maggiore risonanza, ritengo che si possa spiegare con ragioni culturali più profonde e non solo con la recente introduzione nel nostro paese del rito accusatorio. Ma questo è un discorso molto lungo".
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