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In viaggio nell’Irpinia del terremoto
Vincenzo Maria Oreggia, Il cittadino, 15.05.2003
Storie private e grande storia nella penna di Franco Arminio
Un affascinante e inquieto peregrinare fra i luoghi squassati dal violento sisma del 1980.
Viaggio nel cratere è un libro di sguardi inebrianti e di amare conclusioni, un desolante reportage tra i paesi sonnolenti dell’Irpinia e un diario di passione civile che rintraccia nel microcosmo provinciale i segni e i mali del degrado planetario. Lo scivolare da una cosa all’altra, il mescolare a una minima cronaca interiore la cronaca del mutamento storico di un mondo è ciò che più colpisce nella scrittura di Franco Arminio. Una scrittura piana, come un dimesso ruminio di chi si limita a descrivere senza tradire ciò che vede, ma che ogni tanto, all’improvviso, è punto da un rigurgito, una vena ansiosa di poesia, un’accensione idilliaca o un pianto triste sulla pochezza umana. Ci sono versi sparpagliati nella prosa, considerazioni raggelanti che leggi con una mano sulla tempia. Ti aggiri insieme all’autore in un paesaggio devastato e splendido, sotto un cielo il cui nitore è ferito da un’aria vuota di futuro. I moltissimi paesi in cui passeggia lo scrutatore solitario sono oasi raggiunte dal deserto, case spopolate da decennali emigrazioni, un tessuto di cemento e pitre in cui sopravvivono fantasmi, ricordi di altro tempo, altre genti, e abitatori che riciclano la noia in un tirare avanti quotidiano, ritratti di un documentario senza consolazione. La ricostruzione dopo il terremoto del 1980 ha convogliato verso i piccoli centri irpini centinaia di miliardi male impiegati in brutte abitazioni, ha innescato una corsa all’accaparramento dei fondi che se da un lato ha rimpinguato imprese edili in seguito scoppiate come palloncini al vento, dall’altro ha contribuito allo sfaldamento della solidarietà sociale. Quasi che il benessere si sia portato dietro la sua maledizione di solitudine. Ciò che nelle metropoli è dissimulato dal frastuono e dalle luci fatue del consumo universale, in un piccolo paese emerge nitido su una cartina tornasole. Il paese è un campione, un assaggio esemplare, per chi ha il duro coraggiodi guardare, della deriva contemporanea. In Viaggio nel cratere ci sono frasi che rimangono, che sottolinei per ricordare meglio. Ad esempio quando Arminio vede nella vita urbana un paradossale ritorno a un orizzonte rurale e contadino. “Oggi vediamo i primi segni di un ritorno a questi processi di controllo, di condizionamento: tutto ciò che vuole essere avventato, audace, è confnato negli spazi della fiction. Nella vita reale la piccola borghesia che infesta il pianeta è avvinta da un’esistenza di divagazioni metafisiche e senza avventure”. E sorprende, nelle pagine che vanno sotto il titolo di “Postille di paesologia”, l’accostamento della politica alla natura dialettale, della logica retriva che abitave le piccole comunità a quella che pretende ora di abitare il mondo. “Cos’è la politica nazionale e internazionale se non un trasferimento su scala internazionale delle beghe di paese?(…) La politica ormai ha una sua natura intimamente dialettale, perciò non si possono capire il dialetto islamico e quello occidentale, un po’ come il dialetto irpino e quello veneto. Il dialetto si estingue su scala locale, ma si trasferisce su scala internazionale”. Il solo ottimismo di queste parole è quello dell’intelligenza delle cose, già di per sé un valore inestimabile, una riuscita personale anche di fronte a un fallimento ubiquo. “Ormai le persone quando s’incontrano è come se si dicessero continuamente: parliamo pure, ma tanto lo sappiamo che non ci capiremo e che al massimo fingeremo di capirci. A ciò consegue l’idea che non ci ameremo e che al massimo fingeremo di amarci”. Benché in certi passi faticoso, soprattutto nella prima parte dove i tanti paesi visitati finiscono per assomigliarsi troppo, facendo scontare anche al lettore un poco della loro noia, il viaggio di Franco Arminio ci conduce a un punto necessario, a un corridoio di tappe da percorrere a cuore aperto e denti stretti in fondo al quale c’è uno specchio. E in uno sperduto baretto di paese puoi scorgere la caricatura rivelatrice di un’intera famiglia “global style” struccata da un pallido mattino di vento sull’Irpinia.
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Testo riprodotto unicamente a scopo informativo.

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