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Dietro il suicidio di Angela c’è la follia del Nord-Est |
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Sergio Pent, TuttoLibri, La Stampa, 12.07.2003 |
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Ci sono avventure narrative che nascono per essere divorate e altre che si prestano ad essere sezionate sui tavoli dell'autopsia critica. L'esordio "monstre" del padovano Umberto Casadei appartiene fuor d'ogni dubbio alla seconda categoria: romanzo inserito nel romanzo, giocato sulle infinite possibilità del raccontare storie o dirimerle, intersecarle, annichilirle, la sua opera megagalattica si presta ad analisi severe e approfondite, non certo alla frenesia del voltare pagina. Storia dei giorni nostri, tra inconsistenza - anche piccolo borghese - di vivere sfiorando la superficie delle cose, bieca rincorsa ai valori effimeri, annullamento dei sentimenti, la prova onerosa - e strutturalmente esemplare - di Casadei ci mette di fronte a un doveroso dispendio di vocaboli - sempre esigui se rapportati alla fatica del romanziere-architetto - per delineare le positive velleità di confronto con l'attualità sociale e - più ancora - con il grande gioco della sfida letteraria. In sostanza, Il suicidio di Angela B. è un romanzo-cronaca che parte - appunto - da un fatto minimo ma deflagrante, la morte di una studentessa diciassettenne del Nord-Est, che un mattino di novembre del 1999 si tuffa da un cavalcavia sull'autostrada, finendo stritolata sotto alcuni veicoli prima che l'autocarro di Lorenzo Trovato arresti la sua corsa causando un tamponamento a catena nella nebbia. Il fatto centrale della vicenda diventa, attraverso un confuso assembramento di materiale diaristico-narrativo operato da due editor della grande editrice Monopolio - Mario Parecchio e Rinaldo Qualcosa - un anonimo dato di fatto che eviscera vite, velleità e destini diversi, in qualche modo accomunati dal gesto mai veramente spiegato della ragazza. Il possibile romanzo edito - forse - dalla Monopolio, diventa - a pesanti falcate monologanti, dilatate in un arco temporale di due anni - la cronaca diretta di un disfacimento esistenziale a più voci, partito dall'ossessiva rievocazione oraria del compagno di classe di Angela, Gianni Dezanni, e giunto a destinazione con la postfazione esplicativa del derelitto Rinaldo Qualcosa, ormai morente ma destinato a veder compiuta l'opera omnia di un delirio collettivo. La morte di Angela B. - Burzio - infatti, si trasforma gradualmente in un pretesto per analizzare, criticare, devastare il sistema-famiglia di una borghesia d'accatto unita nella rincorsa al denaro più che da quella a oscuri - interrati - valori affettivi. Il diario di Gianni Dezanni è un torrente pseudo-generazionale che confluisce nel concorso di colpa - sociale - di una famiglia disastrata e priva di spinte emotive. Gianni non ha mai conosciuto veramente Angela, ma scopre di non conoscere neanche i suoi coetanei e i suoi genitori, e in preda a una follia istintiva abbandona la scuola, fugge di casa, scrive una lunga confessione alla professoressa Bidelli - che nel frattempo muore di cancro - si affida alle cure di un oscuro e stravagante sacerdote, ricompone in qualche modo le fila della sua vita accettando di dare il via all'operazione ormai "sociale" del romanzo, che non appartiene più al suicidio di Angela B., ma alle vite dei molti destini singoli - Gianni, sua madre, il camionista Trovato, il compagno di classe Izza - che vi sono di volta in volta confluiti col loro personale contributo. Le letture del libro di Casadei sono molteplici, richiederebbero pagine attente e dettagliate di analisi, ma non possiamo non essere ammirati dalla volontà di omaggiare la letteratura scandagliandone le più remote potenzialità, con quel dar vita a un romanzo nato come ricordo privato e dilatato a conflitto generazionale, visione critica dell'opportunismo dei media, fino all'azzardo di costruire una fiction totalizzante - globale - che incamera cronaca e creatività, psicanalisi e diario privato, nel virtuosismo del romanzo assoluto. Difficile da amare, lento nell'evoluzione narrativa, affaticato da un isterico reiterare di concetti, affermazioni, fobie, tradimenti, equivoci, paure relegate nella bassa umanità di una borghesia provinciale - ma assolutamente "italiana" - il romanzo stratificato di Casadei ottiene la promozione per una strenua - genuina - capacità di destabilizzare i canoni narrativi consueti, dando vita a una prova non certo sperimentale o d'avanguardia, ma in grado di spezzettare e ricostruire la forma-romanzo attraverso le pieghe di un'oggettività strutturale moderna, attenta all'evoluzione dei tempi e al vuoto di valori della società. |
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