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Il sud che non c’è |
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Marco Belpoliti, L'Espresso, 03.04.2003 |
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Il 23 novembre 1980 l’Irpinia fu sconvolta dal terremoto. Sono passati ventitré anni ma il vuoto prodotto dalla catastrofe è ancora lì. Franco Arminio lo ha visitato nel suo libro “Viaggio nel cratere". È un libro bellissimo, che unisce poesia e impegno civile: emoziona e fa riflettere. Arminio non si è comportato come un narratore esterno; il suo non è un reportage giornalistico, l’ennesimo sul Sud abbandonato. Si è invece calato nel vuoto lasciato dal terremoto, poiché egli è parte delle cose che descrive. Arminio vive in Irpinia, e come gli abitanti di quella terra ha perso il proprio luogo; è un esiliato in patria. Quasi ogni giorno Arminio si reca in uno dei paesi della regione, oltre cento. Entra nei bar, parla con le persone, incontra il sindaco, osserva le rovine, le case nuove, passa al cimitero, trascrive le insegne dei negozi. A San Mango “come in molti paesi irpini, il tutto è inferiore alla somma delle parti”; a Morra la vita “sembra un conclave dell'abbandono”; Trevi va visitata da soli, “bisogna aggiungere il proprio silenzio al silenzio dei luoghi”. Dappertutto domina la solitudine e l’insensatezza di una vita che ha perso il proprio baricentro. L’Irpinia non e più la retrovia in cui tutto è fisso e immobile, scrive, ma il luogo di una modernità incivile. Immersa in “un lungo postmedioevo”, durato fino agli anni ’50, dopo il terremoto è passata a una delle tante periferie dell'Italia contemporanea: deserta, insoddisfatta, miserevole, lamentosa. Arminio è uno scrittore di aforismi e la sua scrittura civile è intrisa di poesia.
“Viaggio nel cratere” è un racconto e insieme un resoconto, un’opera importante che segna un punto di non ritorno nella descrizione del Meridione, visto come terra abbandonata non tanto da un Nord ricco e rapinoso, ma prima di tutto da se stessa. La miseria è un fatto interiore, ci ricorda Arminio: “Il Sud è altrove. II Sud non può essere qui dove le miserie appartengono in massima parte ai luoghi dello spirito”. Forse un libro come questo, duro ma delicato, iroso ma sereno, spingerà finalmente qualcuno a raccontare con sguardo asciutto cosa è diventata nell'ultimo decennio l’Italia, quella delle villette in Brianza, dei centri commerciali di Biella, delle case a schiera di Pordenone, dei condomini di Mirandola, quell’immensa periferia italiana dove l'illuminismo e il progressismo delle classi borghesi hanno fatto bancarotta e in cui ognuno aderisce al suo paese come un anello al dito di uno scheletro”. |
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