Medico, matematico, filosofo, astrologo, taumaturgo, oniromante e giocatore d'azzardo. Quando Gerolamo Cardano morì a Roma nel 1576 all'età di 75 anni non si può certo dire che avesse vivacchiato. Per farsi un'idea di che tipo fu, sarebbe sufficiente ricordare che finì in prigione settantenne dopo una condanna dell'Inquisizione per aver, tra l'altro, fatto l'oroscopo niente di meno che a Gesù, in una delle sue opere "filosofiche". Ma Cardano va celebrato anche per altro. Nel 1545, insieme a Niccolò Tartaglia, Ludovico Ferrari e Scipione Dal Ferro, fu protagonista di un'appassionante sfida matematica che infiammò l'Italia del Rinascimento. E che, secondo i massimi esperti, segnò l'inizio della matematica moderna. A quel tempo i matematici si sfidavano in piazza, davanti a folle di spettatori, con problemi espressi in rima da cui dipendeva la loro fortuna personale e scientifica. E furono proprio gli "italiani" a risollevare l'algebra da un sonno che durava dall'epoca lontana dei Greci e degli Arabi. In La formula segreta (Sironi), il fisico Fabio Toscano ricostruisce la storia di quel duello. Che prende idealmente il via nel 1535 quando Tartaglia trova una formula capace di risolvere diversi tipi di equazione. Conquistando notorietà e stimolando la curiosità dei più valenti studiosi che via via comprendono la portata della sua intuizione. Tra questi c'è Cardano, deciso a tutto pur di conoscere il segreto di quella formula. E ci riesce. Ma alcuni anni più tardi rompe la promessa fatta a Tartaglia di non divulgarlo. Spiegandone i meccanismi in Ars magna, un testo destinato a cambiare il corso della storia dell'algebra. L'occasione di rivalsa per Tartaglia si presenta, appunto, nel 1545, quando con Cardano si contende la formula risolutiva delle equazioni di terzo e quarto grado. Complici anche Ferrari e Dal Ferro, gli appassionati assisteranno alla polemica più feroce che ricordi la storia della matematica. |